Lega, la fronda a congresso per ridimensionare Salvini

Alle primarie scontro con l'ala autonomista del rivale Fava. E Maroni archivia già il lepenismo del segretario

Lega, la fronda a congresso per ridimensionare Salvini

Il partito monoblocco, stretto sempre e comunque attorno al leader, disciplinato militarmente non c'è più dai tempi di Umberto Bossi. Ma di certo la querelle tra Matteo Salvini e Roberto Maroni sul lepenismo e i rapporti con Forza Italia, alla vigilia di primarie e congresso, colpisce e fa discutere. La scintilla è l'intervista al Corriere della Sera in cui il governatore lombardo dice che «la parentesi lepenista si può considerare conclusa». Un affondo che fa sicuramente piacere al competitor di Salvini alle primarie del Carroccio, Gianni Fava, esponente dell'area autonomista sostenuto da Bossi.

Maroni sottolinea che «chi vince ha il dovere di fare il segretario, ma non è che puoi farlo soltanto se annienti chi la pensa in modo diverso», con riferimento al desiderio annunciato da Salvini di voler prendere almeno l'80%. Per l'ex ministro dell'Interno occorre «tornare alle nostre origini di movimento post ideologico, né di destra né di sinistra». E poi sui rapporti con il centrodestra: «Leggo di critiche a Berlusconi, leggo che i governi di cui ha fatto parte la Lega non hanno concluso nulla, detta così sembra che la Lega sia stata al governo per le poltrone. Mi spiace davvero che si usino parole sprezzanti nei confronti dell'esperienza con Berlusconi e con Forza Italia».

Fava plaude all'intervista del governatore lombardo. «La Lega faccia la Lega. Lottiamo per la questione settentrionale». Salvini, però, non mette in discussione le proprie convinzioni e va avanti con le alleanze internazionali. «Mi incuriosisce che, anche in Lega, ci sia qualcuno che abbia tifato per il potere» dei banchieri, dice con riferimento indiretto a Emmanuel Macron. «Io sono orgoglioso dei legami con Russia Unita di Vladimir Putin, i Repubblicani di Donald Trump e con Marine Le Pen». E mentre Giancarlo Giorgetti, vicesegretario della Lega, annuncia che «sulla legge elettorale siamo pronti a votare la proposta del Pd con il sistema da noi sempre sostenuto del Mattarellum con il 50% di proporzionale e 50 di maggioritario», Salvini torna ad alimentare il mantra della distanza da Berlusconi. «Mi rifiuto di pensare al Carroccio che torna ad Arcore a chiedere a Berlusconi quello che possiamo fare. Bossi, Maroni, Fava mi dicono che non si può discutere l'alleanza con Fi, io dico invece: Umberto tutto si può discutere. Ma io esprimerò sempre gratitudine e rispetto per Bossi, nonostante dica che non capisco un cazzo, che Le Pen è fascista e Salvini senza poltrone è un uomo morto».

Di certo in vista delle primarie del 14 e del congresso del 21 maggio lo scontro tra chi perora il ritorno del movimento al dna autonomista - rimproverando a Salvini il sostegno alla Le Pen che aveva nel suo programma l'accentramento dei poteri a Parigi - e chi come il segretario punta ancora sulla Lega «nazionale» appare ai livelli massimi. Il tutto mentre il Carroccio si prepara a due appuntamenti referendari consultivi il 22 ottobre in Lombardia e in Veneto che hanno come obiettivo l'aumento dei poteri e delle risorse per le due Regioni.

Sullo sfondo c'è la questione della coesistenza Lega-Noi con Salvini. «Può Matteo essere allo stesso tempo capo della Lega e leader di un altro movimento?». La questione, raccontano, è stata sollevata da Bossi all'ultimo Consiglio federale di lunedì.

In quell'occasione il senatùr ha presentato tre emendamenti allo statuto per rivendicare una Lega più nordista e arginare i poteri del segretario. Il blitz non è riuscito e con Bossi assente, l'univo voto a favore è stato quello dello stesso Fava.

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