
Si torna a Milano e questo di per sé è già un segnale. Perché ormai da almeno un anno il consiglio federale della Lega si è sempre tenuto a Roma, nella sala Salvadori del gruppo parlamentare del Carroccio a Montecitorio e con i vari governatori di Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia quasi sempre collegati da remoto. Per ragioni logistiche legate anche agli impegni romani di Matteo Salvini, certo. Ma anche perché il partito guidato dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture ha da tempo scelto un profilo più nazionale e meno vincolato alle ragioni del nord. E la sede milanese di via Bellerio 41 - dove nella sala Miglio oggi alle 13 si riunirà il federale - fu voluta da Umberto Bossi nel 1993 anche e soprattutto per segnare la distanza dagli altri partiti "romani". Tutti avevano la loro sede nei palazzi storici del centro di Roma, mentre la Lega sceglieva per il suo quartier generale una zona popolare della periferia nord di Milano. Una differenziazione niente affatto casuale.
E quella di oggi non sarà una riunione come tutte le altre, perché arriva all'indomani dell'inattesa batosta elettorale in Toscana. Ma non sarà neanche la resa dei conti tra le diverse anime del Carroccio che qualcuno ha ipotizzato negli ultimi giorni. La priorità, infatti, è guardare ai prossimi appuntamenti elettorali in Campania, Puglia e soprattutto Veneto. Alla fine il governatore uscente Luca Zaia dovrebbe partecipare alla riunione in presenza, nonostante un certo fastidio verso i vertici del partito che non sono riusciti a permettergli di ricandidarsi e hanno chiuso sia all'ipotesi di una sua lista che a quella di mettere il suo nome nel simbolo della Lega sulla scheda. Ma non ci saranno strappi, anche perché il Doge vuole prima di ogni altra cosa fare il pieno di voti alle elezioni regionali del 23 e 24 novembre, visto che in Veneto sarà comunque capolista dappertutto. Allo stesso modo, difficilmente si aprirà il processo a Roberto Vannacci, reo di aver fatto le liste e gestito la campagna elettorale nella sua Toscana - il generale abita a Viareggio - e considerato il principale responsabile del crollo di consensi nella regione. Non tanto perché oggi l'ex comandante della Folgore dovrebbe essere presente solo da remoto ("per impegni precedenti a Strasburgo", anche se non è ancora escluso che alla fine possa esserci), quanto perché Salvini ha già fatto sapere che non vuole scontri. Anzi, il leader della Lega è convinto che nella débâcle in Toscana abbiano pesato non solo gli eventuali errori commessi da Vannacci ma anche e soprattutto l'aver rimandato all'esterno e su tutti i media locali l'immagine di un partito diviso e litigioso. E la cosa non deve ripetersi, soprattutto dopo aver portato a casa la candidatura del leghista Alberto Stefani a governatore del Veneto, circostanza che il leader della Lega rivendica come un "grande successo" visto il pressing di Giorgia Meloni e dei veneti di Fdi.
Non a caso, Massimiliano Fedriga getta acqua sul fuoco. "Bisogna esser costruttivi e non distruttivi, non voglio individuare colpe e - spiega il governatore del Friuli Venezia Giulia - è sbagliato incolpare uno o l'altro".
Altrettanto difficilmente si aprirà la questione dei mancati contributi al partito da parte di Vannacci. Perché, spiega un big del Carroccio, è vero che in quanto vicesegretario dovrebbe dare l'esempio, ma purtroppo non è il solo che dimentica di versare la quota dovuta.