Roma - A settembre, a settembre. L'eterno tormentone della legge elettorale è rinviato all'autunno, per ora si fanno solo chiacchiere da ombrellone o incontri segreti - come quello tra Pier Luigi Bersani e Gianni Letta, mentre Silvio Berlusconi preferisce parlare direttamente con Massimo D'Alema, e Renzi commenta: «Ma allora è amore, il loro» - che allo stato non sono destinati a produrre molto di concreto.
Tutto il turbinio di dichiarazioni e abboccamenti, finora, si è infranto contro un ostacolo: Matteo Renzi che - dopo il fallimento dell'intesa a tre sul sistema tedesco, affossato dalle faide interne ai grillini - ha annunciato che il Pd non si sarebbe più fatto promotore di alcuna iniziativa. Anche perché, in fondo, il sistema ora in vigore dopo gli interventi della Consulta, ormai specializzata in taglia e cuci elettorale, al segretario Pd non dispiace poi tanto. «E comunque è meglio del pasticcio che verrebbe fuori se si va a modificare la legge in Parlamento senza un accordo blindato», dicono i suoi.
Ieri Renzi ha liquidato bruscamente la trattativa sul premio di coalizione: «Un dibattito assurdo, peraltro al Senato già c'è», ha ricordato. E ha lanciato un messaggio di disponibilità a riaprire il cantiere delle regole per il voto in autunno: «Sulla legge elettorale, dopo le ferie, bisogna andare a un accordo che comprenda tutte le forze politiche. Noi abbiamo fatto diverse proposte, ma ce le hanno bocciate tutte. Ora, se ci sono proposte di altri noi siamo pronti a discutere», ha affermato.
Sa bene, il segretario del Pd, che Berlusconi non ha mai rinunciato all'idea di ottenere il sistema tedesco, un proporzionale con sbarramento che lascia le mani libere a ogni partito, e non lo lega ad alleati più o meno graditi quanto il premio di coalizione. E che in autunno il Cavaliere tornerà alla carica per ottenerlo. Ma in casa Pd c'è molto scetticismo sulla possibilità di costruire di nuovo un accordo «largo» sul tedesco: «In autunno di tedesco c'è solo la Oktober Fest», dice un renziano di rango con una battuta che sembra chiudere le porte all'eventualità. Nonostante le richieste di Forza Italia, che in queste ore ha usato le notizie di suoi incontri sul premio di coalizione con gli arcinemici di Renzi, come Bersani e D'Alema, anche e soprattutto per fare pressione su Renzi. Il quale a sua volta userà un argomento forte per convincere il Cavaliere che riaprire la partita della legge elettorale tedesca è pericoloso: alla Camera, dove c'è il voto segreto, potrebbe passare qualsiasi emendamento. Compresa l'abolizione dei capilista bloccati e la reintroduzione delle preferenze, assai invisa a Berlusconi come a tutti i leader di partito.
Certo, riconosceva Renzi, parlando ieri in Campania alla presentazione del suo libro, con le regole ora in vigore si rischia l'ingovernabilità: «Ma se si torna a un meccanismo elettorale da Prima Repubblica - spiega l'ex premier -, non è una circostanza fortuita. È perché abbiamo perso il referendum e le cose sono rimaste com'erano. Con questo sistema è molto difficile garantire la governabilità.
Ma quando dissi di fare un sistema in cui sia chiaro chi governa mi dissero che volevo la deriva autoritaria». E a chi gli chiede se farà un passo indietro come candidato premier replica: «Chi va a Palazzo Chigi lo decidono i voti degli italiani, non i giornalisti e neanche le speranze dei militanti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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