"Via la legge proibizionista" E New York torna a ballare

La «Cabaret law» è del 1926: niente danze nei locali senza licenza. Da Brooklyn la sfida per abolire la legge

"Via la legge proibizionista" E New York torna a ballare

Era il 1926 e New York puzzava di alcol comprato sottobanco. Erano gli anni del proibizionismo e della voglia di trasgredire. Atmosfera da Boardwalk Empire, L'impero del crimine, la serie televisiva sui traffici loschi di Atlantic City negli anni 20. Le mafie italiane in lotta contro quelle irlandesi per il traffico di alcolici, i cantanti neri a farsi applaudire per la prima volta da un pubblico misto, orgoglio e riscatto nei locali jazz contro l'odio dei bianchi scandalizzati da Charlie Parker, Billie Holiday, Ray Charles. I divieti intercettavano la vita quotidiana in ogni suo momento e il ballo era tra questi.

Eppure la «Cabaret law» la legge che ha vietato di ballare nei locali di New York senza licenza, è rimasta in vigore fino ad oggi, con tanto di fan determinati, come Rudolph Giuliani, il sindaco repubblicano della tolleranza zero contro il crimine. In città è stato tra i più severi applicatori del regolamento: retate e agenti a sequestrare locali trasgressori. Oggi, la cabaret law sembra essere al capolinea. Merito di Rafael Espinal, un consigliere comunale di Brooklyn che ha presentato una mozione per abolire il divieto. «Abbiamo i voti, è fatta». E il sindaco Bill de Blasio «sostiene l'abolizione», ha assicurato un portavoce del consiglio comunale. Fine di un'epoca pare per la città con la fama di non dormire mai, e da oggi potrà anche ballare.

Entrata in vigore nel 1926, era stata voluta per lanciare un giro di vite contro i jazz club di Harlem e per questo definita dai critici «razzista legge cabaret», è rimasta in vigore fino ad oggi: 91 anni di balli proibiti nei locali pubblici senza licenza. Semplice all'apparenza, ma più complessa nella pratica. Sì perchè il permesso è praticamente impossibile da ottenere; otre ad essere molto costoso, infatti, ha bisogno dell'approvazione di numerose agenzie governative, che richiedono ai locali di superare numerosi controlli con requisiti altissimi. Mille clausole e cavilli da rispettare, anche se con il tempo sono state ammesse deroghe. Dieci anni dopo la nascita della legge ad esempio, furono ammessi ascolto del pianoforte dal vivo e della radio. Per lungo tempo poi non hanno potuto esibirsi più di tre musicisti contemporaneamente e non si sono potute suonare percussioni e strumenti a fiato. Il divieto di ballare nei locali dove venivano serviti anche cibo o bevande, comunque, è sempre rimasto. Dal 1940 al 1967 gli altri artisti che volevano esibirsi dovevano rilasciare le impronte digitali per ottenere uno speciale tesserino. Una sorta di patente che a molti fu negato o ritirato. A Ray Charles e Billie Holiday non fu concessa perché avevano dei precedenti per droga, a Thelonious Monk e Charlie Parker fu ritirata, Frank Sinatra si rifiutò per anni di suonare a New York pur di non dover registrare le proprie impronte digitali. Ufficialmente perchè riteneva offensiva la richiesta.

Oggi soltanto 97 attività su 2.500 legate alla ristorazione hanno la licenza, meno del 4 per cento.

Una regolamentazione soffocante che ha portato molti locali, anche negli anni recenti, ad operare nell'illegalità: nel 2003 il New York Times raccontava che i gestori più esperti si erano ingegnati assumendo delle vedette per segnalare l'arrivo di agenti della polizia, pulsanti di emergenza per spegnere la musica di colpo e luci speciali per segnalare ai Dj e al pubblico di smettere di suonare e ballare. Da oggi invece, liberi tutti. Almeno di ballare.

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