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L'elezione farsa di Conte: unico candidato leader

L'ex premier confermato presidente 5s. Ma nella competizione online era il solo a correre

L'elezione farsa di Conte: unico candidato leader
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Conte contro Conte. Dopo quattro giorni di voto online, l'ex premier è stato incoronato di nuovo alla guida del M5s. Un plebiscito, l'ennesimo. Con gli attivisti che si sono trovati di fronte, nel seggio elettorale virtuale di Sky Vote, soltanto un candidato: Giuseppe Conte, appunto. Che sarà a capo dei Cinque Stelle per altri quattro anni in virtù di 53.353 voti favorevoli alla sua conferma. 6.367, invece, i no al bis di Conte. A partecipare al voto il 58,67% degli iscritti aventi diritto. Ma perché l'avvocato è stato votato di nuovo come leader senza avversari? La risposta è tutta nel procedimento con cui si è arrivati alla "fase finale" dell'elezione per il rinnovo della carica di presidente, dopo la scadenza del mandato, scattata ad agosto scorso. In principio gli aspiranti candidati erano ben 77. Tutti sconosciuti, eccetto lo stesso Conte. In maggioranza si trattava di attivisti locali del Movimento, molti provenienti da piccoli comuni, oppure semplici iscritti. Il punto è che tra questi pretendenti ne sono stati ammessi, dal Comitato di Garanzia, soltanto 21. Questa prima scrematura ha eliminato dalla corsa tutti quelli che non rispettavano i requisiti per concorrere. Dall'iscrizione al M5S da più di sei mesi alla non militanza in altri partiti negli ultimi dieci anni, fino all'assenza di condanne per reati dolosi, anche in primo grado e alla "non appartenenza a logge massoniche". Altro scoglio per i 20 carneadi che volevano sfidare Conte: bisognava raccogliere almeno 500 firme a sostegno della candidatura in soli cinque giorni. A parlare di "plebiscito", tra il serio e il faceto, anche qualche parlamentare. Mentre uno degli aspiranti candidati - intervistato da Pagella Politica negli scorsi giorni - ha definito il procedimento "una farsa". Gli esclusi si lamentano per la mancata possibilità di farsi conoscere dagli attivisti e per il fatto che non è stato possibile organizzare un confronto tra i candidati. Scenario, questo, che sarebbe stato previsto soltanto se ci fossero stati altri candidati ammessi alla fase finale. Numero di sottoscrizioni che, fa notare qualche parlamentare malizioso, non avrebbe avuto difficoltà a raggiungere quella che attualmente è l'unica antagonista, più potenziale che reale, di Conte. Parliamo di Chiara Appendino, che si è dimessa da vicepresidente del M5S nella settimana scorsa, in polemica con una linea che vedrebbe i pentastellati troppo appiattiti sullo schema di un "campo largo" progressista a guida Pd. L'ex sindaca di Torino, che negli ultimi giorni sembra aver sfumato le sue critiche a Conte, scommette sul logoramento elettorale del partito contiano e punta a prendersi il giocattolo nel futuro, magari dopo una possibile delusione alle prossime elezioni politiche. Intanto prova a riconnettere i fili del Movimento del passato. L'abboccamento più naturale sarebbe con Virginia Raggi, dato che pure l'ex prima cittadina di Roma non ha mai mancato di esprimere le sue critiche al disegno di un'alleanza organica con il Pd. Non a caso, ultimamente, tra presenze televisive e post sui social, Raggi sta cercando di conquistarsi un nuovo pezzetto di visibilità. Ma il vero enigma è Beppe Grillo.

Tra ex grillini e post-grillini circola voce di una telefonata - che sarebbe avvenuta negli scorsi giorni - tra il fondatore e Appendino. Mentre è mistero sulla sorte del ricorso per sfilare a Conte nome e simbolo del M5S, annunciato dal comico a giugno.

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