L'emendamento della pace: così la Lega conclude l'assalto

Matteo accetta la cosiddetta norma Mediaset. In vista delle elezioni del 2021, in cui la coalizione sarà unita

L'emendamento della pace: così la Lega conclude l'assalto

Se stiamo insieme - da 26 anni - ci sarà un perché. E la Lega lo ha riscoperto ieri sera. Dopo gli sgarbi dei giorni scorsi, che sembravano preludere a un'apertura delle ostilità, ieri il Carroccio è tornato in carreggiata, tendendo la mano a Forza Italia con silenzi eloquenti e gesti inequivocabili, come la cancellazione della norma «anti-Mediaset» dalla pregiudiziale di costituzionalità presentata sul decreto Covid. «Il caso è chiuso» dicono dall'entourage di Matteo Salvini, escludendo «fratture o altri veleni clamorosi» e confermando il vertice fissato la settimana prossima per discutere anche di elezioni amministrative.

Protagonisti, ieri, sono stati mediatori e pompieri. La giornata si è aperta a Milano con un vertice convocato a Palazzo Lombardia, invece che in via Bellerio, forse per depistare: hanno partecipato assessori e consiglieri lombardi, insieme al segretario regionale Paolo Grimoldi e al leader nazionale. E all'incontro è maturata, fra l'altro, un'indicazione chiara sul no alla mozione di sfiducia dell'opposizione contro l'assessore forzista al Welfare Giulio Gallera. Salvini, da parte sua, ha evitato accuratamente ogni intervento che potesse alimentare tensioni, concentrandosi anche mediaticamente sul doloroso caso creato dal grillino Nicola Morra, artefice di dichiarazioni deliranti sulla governatrice azzurra della Calabria Jole Santelli, scomparsa poco più di un mese fa.

Le Regioni, i Comuni, blocchi sociali affini, scadenze elettorali: molte, troppe, sono le cose che tengono il Carroccio legato a Forza Italia, fin dal 1994, attraverso tre ere politiche diverse e con una sola parentesi nel 1996. È così che oggi si ragiona in via Bellerio. E proprio le Amministrative 2021 saranno un'altra ragione, l'ennesima, per «stare insieme» ancora una volta, ognuno con la sua storia e la sua vocazione, ovviamente: più populista la Lega salviniana, più liberale e popolare Forza Italia. Certo, l'appuntamento politico successivo è lontano: la legislatura terminerà nel 2023 e in questi 30 mesi ognuno «coltiverà il suo giardino» e il suo elettorato, com'è sempre accaduto. Ma al momento decisivo, si tornerà a cercare e a trovare la «quadra». Questo, nel Carroccio, nessuno lo esclude. Certo c'è chi, anche nella Lega, sogna un partito egemone, capace di prendere tutto e tutti rappresentare. Ma i più, realisticamente, mettono in conto una divisione del lavoro: un alleato al centro - insomma - fa un gran comodo allo stesso Salvini, anche in prospettiva europea. In ogni caso, è improbabile ora attaccare Forza Italia addebitandole un «inciucio» col governo, e una vecchia volpe come l'ex ministro Gianfranco Rotondi lo ha spiegato bene: «Salvini vorrebbe accusare Berlusconi di fare un inciucio con Conte, poi si ricorda che l'ha fatto lui».

In effetti era stato proprio Salvini a far suonare i tamburi di guerra, e due giorni fa aveva agevolato il passaggio alla Lega di tre parlamentari azzurri, con quella che è parsa una stizzita violazione del galateo fra alleati, prontamente stigmatizzata dallo stato maggiore azzurro.

Ma l'assalto ieri si è subito concluso con un segnale inequivocabile: dal testo della questione pregiudiziale di costituzionalità che sarà discussa martedì alla Camera, grazie ai buoni auspici di Fratelli d'Italia, è stato eliminato lo strano riferimento alla norma su Mediaset, che da tempo anche a sinistra - per primo lo fece il segretario dell'allora Pds Massimo D'Alema - considerano un «patrimonio del Paese». «Incomprensioni risolte, situazione serena» minimizzano dal Carroccio.

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