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"L'emergenza stupri? Questione culturale". Ora si muove Piantedosi

Il ministro: «Lotta al degrado e prevenzione delle violenze. Ma i ragazzi vanno educati»

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi
Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi

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"L'emergenza stupri? Questione culturale". Ora si muove Piantedosi

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Le sirene dell'allarme sicurezza suonano fragorose. Dopo gli stupri di Palermo e di Caivano, i riflettori dei media - ma anche del governo - sono puntati sul degrado di certi quartieri che diventano ghetti autogestiti che spesso lo Stato fatica a presidiare. Ma non è solo un problema di presenza di forze dell'ordine. «Sono fatti che riguardano sicuramente i temi della sicurezza e della prevenzione ma sono anche di carattere culturale, coinvolgono e devono coinvolgere sempre più l'educazione dei ragazzi e la scuola», ha dichiarato ieri il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi.

Proprio a Caivano si recherà nei prossimi giorni la presidente della commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo. E sempre lì, nella sede della piazza di spaccio più grande d'Europa, è in programma una riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, segno che il Viminale è ben a conoscenza dei problemi che attanagliano quella zona. Problemi che sono legati anche al traffico di droga. A tal proposito, Piantedosi ha lodato l'operato delle forze di polizia nella represssione dello spaccio di sostanze stupefacenti.

Il 15 agosto scorso proprio il Viminale aveva sciorinato gli ultimi dati sulla sicurezza, che evidenziano un incremento delle operazioni antidroga rispetto all'anno precedente: dall'1 gennaio al 31 luglio 2023 sono state 11.597, con un aumento del 6,18%. Anche sulla sicurezza e sulle presenza delle divise sui territori il governo non è immobile. «Abbiamo cominciato con la legge di bilancio dello scorso anno, porteremo avanti l'impegno anche quest'anno con un piano progressivo di recupero del turnover degli organici» - ha assicurato il titolare del dicastero del Viminale. Che poi ha chiosato: «Troppo a lungo la sicurezza era stata considerata un fattore di costi, gli organici si erano depotenziati e l'età media del personale cresciuta. Adesso abbiamo dettato un'inversione di tendenza, azione che condurremo negli anni e porterà benefici concreti ai cittadini».

Sulla stessa linea di Piantedosi si è posizionato anche chi, come don Maurizio Patriciello, si trova da tempo in prima linea proprio a Caivano. «Ha ragione il ministro quando dice che non è solo una questione di sicurezza. È una questione di cultura, di diritti. Noi abbiamo avuto la compagnia dei Carabinieri con militari che sono all'altezza del loro compito, che hanno eseguito centinaia di arresti per contrastare le piazze di spaccio. Ma serve, con questo, anche altro. Serve, innanzitutto, che Parco Verde esca dall'isolamento, lo Stato non è solo la divisa di validissimi investigatori che tanto stanno facendo e ai quali va il nostro ringraziamento. Lo Stato c'è anche quando ci sono altri servizi, come la presenza di una linea di trasporto o anche una farmacia» - ha affermato il parroco.

Il sottosegretario al ministero dell'Interno Wanda Ferro al Giornale ha ribadito: «Il tema della sicurezza è una priorità per il governo Meloni. Siamo naturalmente disponibili ad intervenire dove necessario, anche dando la giusta attenzione alle proposte che arrivano dal Parlamento, dove è depositato un disegno di legge sulla violenza sulle donne». Il riferimento è al ddl a cui il 7 giugno scorso il governo ha dato il via libera e che prevede misure come l'applicazione automatica del braccialetto elettronico; una distanza minima di 500 metri in caso di divieto ad avvicinarsi alla vittima; un pool di magistrati dedicato alla materia; processi più veloci e flagranza differita. All'epoca anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva fatto sentire forte la voce dell'esecutivo tracciando la stessa linea tracciata ieri da Piantedosi: «Le pene non costituiscono mai una deterrenza assoluta, soprattutto in questo tipo di reati.

Solo con un'operazione culturale possiamo iniziare a ridurre se non eliminare reati odiosi: deve iniziare nelle scuole e proseguire dappertutto, anche nelle carceri».

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