L'esecutivo è costretto a muoversi: Pnrr, bollette e riforme i fronti aperti

Maggioranza destinata a fibrillare su liberalizzazioni e fisco

L'esecutivo è costretto a muoversi: Pnrr, bollette e riforme i fronti aperti

La folle settimana dell'elezione presidenziale si è conclusa con un paradossale ritorno alla casella di partenza. La parola «continuità» era il mantra recitato da coloro che vedevano nella scelta del capo dello Stato una minaccia per la prosecuzione dell'attività di governo. Il principio zero della termodinamica, però, ci dice che il sistema è in equilibrio apparente: la temperatura dei singoli elementi è aumentata rispetto a sette giorni fa e, dunque, è aumentata l'entropia, ossia la confusione.

La prova è nelle dichiarazioni del ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti: «Se c'è una crisi aziendale, la colpa non può essere della Lega». Il messaggio è politico, ma anche pratico. Il dicastero guidato dal capodelegazione del Carroccio ha la responsabilità di 70 tavoli di crisi, ma spesso la loro soluzione esula dalle sue competenze. È il caso dell'indotto auto, schienato da un repentino passaggio all'elettrico. È il caso delle delocalizzazioni, accelerate da una pressione fiscale e contributiva che rende l'Italia un sito produttivo insostenibile.

La «continuità» dell'esecutivo Draghi non potrà, pertanto, essere quella dell'immobilismo. Fino alla fine dell'anno non solo dovranno essere centrati i 100 obiettivi del Pnrr per ottenere i 40 miliardi attesi dal Next Generation Eu, ma occorrerà pronunciarsi sulla politica energetica (a partire dal maggior ricorso ai giacimenti nazionali di gas) e anche sulla formazione dei lavoratori per il ricollocamento. La riforma degli ammortizzatori del ministro del Lavoro Orlando ha universalizzato la cassa integrazione, ma manca di quel tassello fondamentale che è stato demandato al Pnrr con la Gol (Garanzia di occupabilità del lavoratore).

Sempre in tema energetico bisognerà aprire un serio confronto sull'opportunità dello scostamento di bilancio perché gli oltre 10 miliardi finora trovati dal governo non sono sufficienti per azzerare l'incremento dei prezzi di elettricità e gas. Aumentare il deficit nel corso di un anno nel quale l'inflazione potrebbe azzoppare i consumi e, di conseguenza, la crescita richiede scelte ponderate. Uno scostamento di 30 miliardi a fronte di un incremento del Pil che potrebbe essere inferiore al 4% è un azzardo.

La cartina di tornasole dell'auspicato cambio di marcia, però, saranno le riforme. A partire dai ddl Concorrenza e Delega fiscale che giacciono inerti nei due rami del Parlamento. Se Mario Draghi (del cui spirito Giorgetti si è spesso intestato l'interpretazione) intenderà rispettare i programmi, dovrà scegliere. In materia di fisco il centrodestra, infatti, dovrà «barattare» una diminuzione del peso di tasse e imposte con una maggiore invasività dell'Agenzia delle Entrate (a partire dal valore coattivo delle lettere o degli sms di conformità).

In materia di infrastrutture e di gestione della pa il centrosinistra dovrà acconciarsi a digerire bocconi amari sul ciclo dei rifiuti (vedi voce «nuovi termovalorizzatori»), sulle concessioni pubbliche senza prelazioni per le partecipate di Comuni e Regioni nonché sui metodi di valutazione del merito. Un ulteriore aumento dell'entropia è, pertanto, una certezza.

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