L'esecutivo deve ripensare il destino di Open Fiber

"Che cosa si vuole fare? Ripetere l'esperienza di Bagnoli dove per anni si è tenuto in vita un impianto siderurgico in perdita?"

L'esecutivo deve ripensare il destino di Open Fiber
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«Che cosa si vuole fare? Ripetere l'esperienza di Bagnoli dove per anni si è tenuto in vita un impianto siderurgico in perdita?». Il vicepresidente del Senato ed ex ministro delle Comunicazioni nonché esponente di primo piano di Fi, Maurizio Gasparri (in foto), è molto preoccupato per i destini di Open Fiber dopo che il Tesoro ha deciso di puntare tutte le sue fiche su Netco, la società della rete di Tim, per non perdere un asset strategico per il Paese.

Il problema è che dal 2016 questa joint venture tra Cassa Depositi e Prestiti (60%) e il fondo australiano Macquarie (40%) si è incaricata di portare la fibra nelle cosiddette «aree bianche» (quelle a fallimento di mercato in cui non è prevista l'installazione di reti) e in quelle «grigie» (dove almeno unplayer dovrebbe intervenire). È un'invenzione di Matteo Renzi che quando sedeva a Palazzo Chigi non gradiva la resistenza di Telecom Italia ai suoi diktat e, perciò, decise di creargli un concorrente in casa sulla fibra coinvolgendo la Cassa ed Enel che poi è uscita dal capitale.

Il lavoro di Open Fiber, tuttavia, è di là dal terminare poiché è giunta solo al 50% della copertura delle aree bianche, mentre su quelle grigie (dove concorre con Tim) si sconta il ritardo generalizzato nella messa a terra degli investimenti Pnrr. La morale della favola è che Open Fiber ha di recente bussato a denari con i suoi soci chidendo almeno 600 milioni per proseguire la sua attività. La domanda di Gasparri, pertanto, è più che lecita. Se lo Stato ha deciso di puntare su Tim, che senso continuare a spendere anche per la sua concorrente?

«La Corte dei Conti potrebbe avviare procedimenti per un possibile danno erariale causato dai ritardi di Open Fiber e dai maggiori costi», ha dichiarato auspicando che «Cdp si renda conto che questa situazione non è sostenibile: per Open fiber servono soluzioni coraggiose, le uniche peraltro che potrebbero salvaguardare occupazione e investimenti». Insomma, il messaggio è chiaro: bisogna spacchettarla ritornando all'antico, cioè a una rete unica. Se poi, qualche altro operatore, volesse farsi carico della rete secondaria, cioè quella che dagli «armadietti» entra direttamente nelle case, tanto meglio. L'esempio del passato c'è: la divisione dell'operatore mobile Blu nel 2002 tra i suoi concorrenti Wind, Tim e Vodafone.

C'è un altro problema.

La strategia del governo sulla banda ultralarga non ha definito la questione della rete, cioè se debba essere una, bina o addirittura trina. Certo, ci sono piani per il cablaggio delle scuole, per potenziare Internet mobile con il 5G e anche per l'utilizzo dei fondi del Pnrr. Ma manca questo piccolo dettaglio e Gasparri lo ha ricordato.

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