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Letta baluardo di Speranza: così gli blinda il posto

Tutto pronto (o quasi) per la grande ammucchiata di sinistra. I dem offrono un salvagente al ministro della Salute

Letta baluardo di Speranza: così gli blinda il posto

"Mentre che la speranza ha color del verde". Se fosse vivo oggi, Dante, che pure ne ha viste tante, scriverebbe che Speranza - Roberto, il ministro - ha "fior del pallido". Sono passati due governi, prima quello guidato da Giuseppe Conte e poi quello guidato da Mario Draghi, ma lui è rimasto lì. Fermo. Tutto cambiava ma lui no. Stat Spes dum volvitur orbis. Aveva gestito la prima fase della pandemia, quella più terribile, chiudendo tutto. Ma a suo modo: non appena il virus fa capolino, il Nostro tentenna e perde tempo. Poi, quando la situazione è ormai fuori controllo, chiude tutto. Il vero motivo? Era "necessario non lasciar pensare agli Italiani che vi fossero Regioni dove si stava meglio".

A suo modo, però, è un precursore: all'estero lo seguono a ruota. Poi, mentre la prima ondata va scomparendo, il ministro pensa bene di sedersi di fronte a un pc e - forse con una mascherina che gli copre naso e bocca nonostante non ci sia nessuno nella stanza (la prudenza non è mai troppa) - si mette a scrivere un libro intitolato Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute. Le librerie online lo danno esaurito. Un successo. O forse no. Perché non appena ci si accorge che dopo la prima ondata sta per arrivare la seconda, Speranza ha la decenza di ritirarlo. La motivazione ufficiale? "Non avrei avuto tempo per promuoverlo". In realtà, il problema è il contenuto: "Sono nervoso al pensiero di qualsiasi aggregazione di più di due persone, mi turba persino veder passare le automobili per strada". Qualcuno, non certo noi, definirebbe tutto questo ipocondria. E poi: "In un grande Paese non si fa politica su un’epidemia, la politica non è un gioco d’azzardo sulla pelle dei cittadini. Nessuno dovrebbe mai dimenticare che il nemico è il virus e che dovremmo essere più uniti che mai nel combatterlo, evitando di cadere nella tentazione di utilizzare la lotta alla pandemia per ragioni strumentali". Bene, bravo, bis. Parole condivisibili. Qualche riga più tardi, però, Speranza smentisce Roberto (o viceversa): "Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra".

Dal passato al presente. La nuova sinistra, il campo largo, si sta organizzando per provare a sconfiggere il centrodestra alle elezioni del prossimo 25 settembre. Il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, ha già offerto una scialuppa di salvataggio a Speranza, il cui partito veleggia attorno al 2.1%, preparando una "lista aperta". Come ci possa stare anche l'attuale ministro della Salute, cantore e promotore dell'alleanza con il Movimento 5 Stelle (oggi visti come fumo negli occhi dai dem), non è dato sapere. Val la pena, però, rispolverare il curriculum di Speranza. Non solo quello lavorativo. Dopo una carriera accademica degna di nota, 60/60 alla maturità e 110 con lode all'università, il Nostro svolge un solo lavoro. O meglio: un tirocinio nell'area risorse umane della Barilla nel 2004. Inizia poi la sua scalata politica: prima presidente nazionale della sinistra giovanile, poi assessore al comune di potenza e capogruppo del Pd alla Camera. Ma non gli basta. Nel 2017 fonda il suo partito, Articolo 1, e tira fuori dall'armadio i vecchi arnesi della sinitra: Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani. Speranza, sotto sotto, è un nostalgico. Tifa la patrimoniale. Ma a suo modo. Con juicio. Quando gli chiedono se l'Italia, per fronteggiare le disuguaglianze economiche prodotte dal Covid, ne ha bisogno, lui risponde: "Io mi batterò per il principio di progressività". Dice e non dice. Il coraggio forse non gli manca.

Ma la strada per trovarlo, quella sì.

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