Chiamatela pure notte dei morti viventi. O almeno lo è per Matteo Renzi. Una fase politica in cui pensava di essersi sbarazzato delle figure più ingombranti del fronte progressista, e invece se le ritrova addirittura tutte alleate contro di lui: Enrico Letta, Giuseppe Conte e... Romano Prodi.
Il rottamatore fu fautore del mancato approdo al Quirinale di Prodi nel 2013, quando sembrava già tutto apparecchiato, ma soprattutto dello sfratto esecutivo degli ex premier Letta e Conte da Palazzo Chigi. Ora, mentre il fondatore di Italia Viva si aggrappa a Draghi, il nuovo segretario del Pd e il leader "in fieri" del M5S fanno fronte comune benedetti dalla figura del Professore.
Prodi fu, del resto, l'ultimo esponente del centrosinistra unito ad aver vinto un'elezione, nel lontano 2006, e, a conti fatti, in questo progressivo riposizionamento delle placche tettoniche della politica italiana, la polarizzazione attuale non sembra molto diversa da quella di allora.
Proprio lo sposalizio tra Pd e Cinque Stelle rischierebbe di catalizzare il consenso di metà degli italiani, con il centrodestra ansioso di convertire in consensi "reali" ciò che per ora solo i sondaggi celebrano a ripetizione come vincente.
Enrico Letta e Giuseppe Conte ci stanno lavorando. Domani si incontreranno per delineare una strategia comune che sia programmatica, più che pratica. Sui territori infatti, in vista delle elezioni amministrative del prossimo autunno, i singoli contesti andranno esaminati caso per caso. Ma di base Letta e Conte lavoreranno per stabilire una linea che sia leggermente diversa e largamente compatibile, proprio com'era quella tra La Margherita e i Democratici di Sinistra. A tenerli insieme, all'epoca, c'era Romano Prodi. Lo stesso che oggi consiglia, accompagna e dispensa strategie dal suo quartier generale di Bologna sia a Letta che a Conte.
A questo Ulivo 2.0 Prodi lavora involontariamente già da tempo. L'ex premier in pochette l'ha consultato più volte fin dall'inizio della pandemia, mentre con il nuovo segretario del Pd il rapporto è sempre rimasto strettissimo.
I più vicini ai due leader giurano che con Prodi non si sia mai parlato di prospettive personali, concepimenti di nuovi soggetti politici, ma insomma, volendo passare per naif, non si fa a torto a nessuno nel sostenere che sia Letta che Conte "studiano" da Prodi.
Per paradosso, tra i due è più l'Avvocato del popolo a poter contare sul filo diretto con Prodi, da sempre franco tiratore del Pd e delle sue storture interne. Tra i dem infatti non tutti lo considerano un nume tutelare, anzi. Lo dimostra l'esclusione di Sandra Zampa, prodiana, dall'attuale squadra di governo.
Letta però, oltre a dover provare a mettere pace tra le correnti almeno fino al prossimo congresso con voto popolare, ci tiene a far cambiare idea ai più, riabilitando più possibile il nome
di Prodi chissà magari anche in ottica Quirinale 2022.Una cosa è certa: domani subito dopo il loro primo incontro, sia Letta che Conte digiteranno il numero di telefono del Prof, col rischio concreto di trovarlo occupato.
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