Politica

"Non sono adatto per la politica": l'ultima giravolta di Crisanti

Tutte le giravolte, e le cantonate, del "tele-virologo" che diceva di "non essere adatto per la politica"

"Non sono adatto per la politica": l'ultima giravolta di Crisanti

Colpo di scena. O forse no. Dopo le candidature acchiappa voti snocciolate nei giorni scorsi dal centrosinistra, Enrico Letta cala un'altra "punta di diamante" sperando nell’effetto "specchietto per le allodole" contro una sconfitta data per certa da tutti i pronostici. Il professore Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all'Università di Padova, noto per le innumerevoli comparsate televisive durante la pandemia, sarà candidato dal Pd alle prossime elezioni politiche come capolista nella circoscrizione Estero (per l'Europa).

Eppure, di fronte alle varie boutade e indiscrezioni Crisanti già a febbraio aveva messo le mani avanti con un, ora, poco rassicurante: “Forse però non sono adatto per la politica”. Ma il microbiologo, che nel 2020 aveva rifiutato di candidarsi con il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle nel collegio suppletivo Verona Nord dicendo che si sentiva più utile come ricercatore, non è nuovo a giravolte che sollevano qualche dubbio sulla sua coerenza. Nel giugno 2020, confessò a Un giorno da pecora la sua estrema difficoltà a rilasciare interviste: “Faccio fatica a parlare, soprattutto in tv”. Poi, seguirono una valanga di interviste, ospitate, liti e polemiche. Qualche mese dopo al Corriere del Veneto, il 21 ottobre, stremato da troppa visibilità annunciò il ritiro, o quasi: “Sono stanco e sovraesposto. Serve un giro di vite, limiterò di molto la mia presenza su giornali e tv". E 24 ore dopo andava in onda a Piazzapulita come se nulla fosse.

Ora, a due anni di distanza, eccolo pronto a scendere in campo nella campagna elettorale più mediatica di sempre. Se per l’infettivologo Matteo Bassetti si tratta di una "scelta" dovuta al pensionamento imminente, leader del Carroccio sferra un tweet al veleno: “Il tele-virologo Crisanti candidato col PD. Credo che ora si capiscano tante cose” ha scritto Matteo Salvini, rilanciando una spiegazione ‘politica’ agli screzi dei tempi pandemici. Già nel 2021, mentre chiedeva al governo di abolire il coprifuoco, il leader della Lega aveva dichiarato di fidarsi più di Bassetti che si occupava “di uomini”, piuttosto che di “qualcun altro” che “si occupa di zanzare”, alludendo a Crisanti pur senza mai nominarlo. Dura, allora, la replica del professore sentitosi chiamato in causa: “Io penso che i politici dovrebbero interessarsi di politica perché Salvini ha fatto dato dimostrazione che non capisce nulla. Le zanzare causano 800 milioni di malattie all’anno, di questo mi sono sempre occupato”, ha scritto il microbiologo due anni prima di darsi a sua volta alla politica. Come altrettanto dura la risposta a stretto giro al tweet del segretario leghista: "Penso che Salvini sia un tele-mistificatore, con tutte le bugie che ha detto agli italiani in questi anni. Coloro che lo votano sono come galline che vanno a pranzo con la volpe. Non ho nessuna intenzione di rivolgere attacchi personali, ma non significa che non risponderò dialetticamente a determinate prese di posizione".

Certo, alla luce della sua discesa in campo, poi, fa storcere il naso l’accusa di “provincialismo” nei confronti del governatore del Veneto Luca Zaia, reo di essersi intestato i meriti del “modello Vo'”, liquidando il professore per ritorsioni di parte. “C'è una guerra per bande. Che mi frega a me di Zaia. Casomai è lui che, sospettando che fossi di sinistra, mi ha fatto fuori. La destra ha sbagliato tutto lo sbagliabile. Vogliono passare da liberatori, quando sono stati solo imprudenti". Stilettate poco compatibili con chi, neanche sei mesi fa, nonostante la vicinanza giovanile alla sinistra extraparlamentare (e un figlio candidato consigliere con il Pd alle ultime comunali di Padova e non eletto) sosteneva di avere solo “un rapporto idealistico” con la politica. E che ora invece rintraccia negli errori di valutazione scientifica della Regione Veneto il movente della sua decisione di scendere in campo, con il Pd e, dunque, insieme al tanto criticato ministro della Salute Roberto Speranza. Ora assolto come "vittima di un sistema, tutto italiano".

L’ex professore dell’Imperial College London in Inghilterra, oltre alla nota sfilza di previsioni catastrofiche (tanto da meritarsi una ‘consacrante’ imitazione di Maurizio Crozza) puntualmente sbugiardate dai fatti, ha inanellato cambi di rotta in tema Covid a dir poco spiazzanti. Cantonate liquidate in modo piccato e tranciante. Come quando gli venne contestato di aver profetizzato nuove ondate, poi mai verificatesi: “Non dissi così. Dicevo solo che era intempestivo aprire allora”. O il caso di un vecchio tweet sul famigerato vaccino AstraZeneca in cui lo consigliava “senza dubbio anche alle donne giovani”. Colto in fallo, ribatte: "Mai scritta questa cosa". Peccato che l’avesse rimarcato anche davanti alle telecamere di SkyTg24. Traballante anche sull'utilità della mascherina, indispensabili fino a dicembre 2021, poi divenuta magicamente inutile due mesi dopo. Ma chi gli chiede un mea culpa sui ripetuti errori, tracciati dai social implacabili e traditi dall’onnipresenza mediatica, risponde: “Sono sempre stato coerente su tutto”, “Non ho fatto errori”. Eppure avrà cambiato idea qualche volta?: "No, non sono una banduerola".

A giudicare dalle sue dichiarazioni, non si direbbe.

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