Letta fa fuori Lotti: così i dem si confermano il partito del giustizialismo

Il segretario del Pd usa la tagliola giudiziaria preventiva per escludere Luca Lotti dal parlamento. Ultimo capitolo di una storia giustizialista

Letta fa fuori Lotti: così i dem si confermano il partito del giustizialismo

Il luogo politico di un’autentica componente riformista è solo il Partito democratico. È dentro il Pd che dobbiamo fare la battaglia per riaffermare l’impronta garantista nei confronti delle sacche di giustizialismo giacobino che ancora purtroppo restano”.

È cio che scriveva il 21 settembre 2019 Luca Lotti, quando, dopo la scissione di Italia Viva, lui, arrivato in Parlamento solo grazie a Matteo Renzi, decise di non seguire il suo talent scout e rimanere nel Pd. Oggi Luca Lotti si rimangia quelle parole: "Dispiace, e non poco, scoprire che i dirigenti del mio partito abbiano abbandonato uno dei cardini della nostra identità: il garantismo”.

Da Renzi al Pd

Che Letta non fosse garantista lo aveva detto chiaramente quando un paio di mesi fa ha deciso di non appoggiare i referendum per la giustizia. Con la decisione di escludere Lotti, usa il metodo giustizialista anche verso i suoi. Il riferimento è alle vicende giudiziarie che lo vedono indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio per l’inchiesta Consip, e per finanziamento illecito attraverso la Fondazione Open. Vicende tutte legate al periodo in cui era legato a Renzi.

Fu l’ex Presidente del Consiglio a rendere Luca Lotti per un certo periodo uno degli uomini più potenti d’Italia. Lotti era un semplice consigliere comunale di Montelupo Fiorentino. Conosce Renzi all’epoca Presidente della Provincia di Firenze, che lo chiama per fargli da staffista. Quando diventa sindaco di Firenze, Lotti diventa il suo capo di gabinetto. Nel 2013 entra in parlamento con i renziani.

Quando Renzi diventa Segretario nazionale del Pd, Lotti è responsabile nazionale dell’organizzazione, quando Renzi diventa Presidente del Consiglio nomina Lotti Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria, e Segretario del Cipe. Quando Renzi esce dal Pd e crea il suo partito, Lotti resta nel Partito Democratico. Da quel giorno Lotti inizia a diventare un problema del Pd, anche per la rivelazione della sua partecipazione alla riunione con Luca Palamara e altri cinque membri togati del Csm nelle quali discutevano su come influenzare le nomine di alcune procure. Nonostante Lotti abbia sempre detto di non aver fatto pressioni e non avere il potere di nominare alcun magistrato.

Ma Il Pd da allora, dopo avergli garantito lo spazio per la corrente base riformista guidata con Lorenzo Guerini, ha iniziato a tenerlo in disparte, dandogli sempre meno visibilità e potere. Fino ad escluderlo dalle liste. Che il problema fosse legato, oltre al suo essere il più importante tra gli ex renziani rimasti nel Pd (tutti fatti fuori da Letta), alla distanza del Pd dal garantismo lo ha detto uno tra lgi esponenti politici più lontani da Lotti, e dal sistema renziano. Ugo Sposetti, tesoriere del patrimonio dei Ds, e ultimo dei comunisti rimasti, ieri aveva senteniato: “dalla decisione del Pd su Lotti si capirà se è finita la stagione del giustizialismo”.

La versione di Sposetti

"Avrei evitato questa conversazione - ha detto Sposetti in una intervista al Domani- Non sono riuscito a parlare con il segretario, ma naturalmente so che ha molte cose da fare. Volevo dirgli una cosa: noi, cioè il Pd, non possiamo essere un partito che esclude. Per mesi abbiamo parlato di campo largo, e ora che facciamo, escludiamo le storie ingombranti o inopportune? C'è anche qualche altra esclusione che ha il sentore di essere fatta perché siamo un partito amico dei pm. Lo dico apertamente: ho saputo che il giovane Lotti non sarà ricandidato. È noto a tutti che io ho combattuto contro Renzi e il suo gruppo dirigente, a volte con qualche polemica sopra le righe. Ma escludere Lotti è un errore politico. Primo, perché se Lotti e i suoi avessero seguito Renzi nella scissione, il gruppo del Pd non ci sarebbe stato né alla Camera né al Senato, e non è bello dimenticare queste cose. Secondo: dopo l'accordo di Renzi con Carlo Calenda noi dobbiamo presidiare il campo ex renziano".

Alla giornalista che lo incanza Sposetti insiste: "Intanto Lotti è stato intercettato e non poteva esserlo. Poi, sui rinvii a giudizio: torno indietro con la memoria a diciotto anni fa. Marcello Stefanini fu escluso dalle liste dell'94 perché aveva ricevuto un avviso di garanzia. Lo aveva ricevuto mentre era all'ospedale, aveva avuto un infarto. Stefanini fu assolto fra la presentazione delle liste e il voto. Certo allora eravamo nella coda di Tangentopoli, ma adesso quella stagione è passata. Smettiamola di andare appresso ai pm".

Sposetti conclude l'intervista con una certezza: "Alla fine della sue vicende giudiziarie Lotti uscirà come una vittima. Che facciamo, aspettiamo la riabilitazione postuma? Io, dal parlamento, ho collaborato con lui quando era a palazzo Chigi è l'ho visto sempre comportarsi correttamente. Faccio un appello al segretario: lo dico da avversario interno, spero che Lotti sia candidato, ci rifletta. Il Pd fino a ieri era alleato del partito giustizialista per eccellenza, i Cinque stelle. E non ha rotto su questo aspetto. Infatti, se viene escluso chi ha un avviso di garanzia o chi ha un'indagine in corso, vuol dire che il giustizialismo rimane".

E invece nonostante un appello cosi autorevole, che avrebbe dovuto portare il Pd a una lunga riflessione su dove vuole andare, Letta è stato determinato nella sua vendetta. “Il segretario del mio partito -ha scritto Luca Lotti dopo la direzione- Mi ha comunicato di escludermi spiegando che ci sono nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere ben capito se si riferiva a quelli che fino a pochi mesi fa sputavano veleno contro il Pd e che oggi si ritrovano quasi per magia un posto sicuro nelle nostre liste. In Toscana sappiamo tutti come sono andate le cose. dice Lotti- "La scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche".

A differenza di altri suoi colleghi esclusi, come Dario Stefano già dato in odore di riavvicinamento a Renzi per una ricandidatura, Lotti non abbandona il pd: “Ai tanti che mi stanno scrivendo e mandando messaggi o che si sono preoccupati per

me dico solo questo: anche quando alcune scelte sembrano più dettate dal rancore che dalla coerenza politica, mi troverete sempre dalla stessa parte. Dalla parte del Pd. Il Pd è casa mia. Lo sarà anche in futuro”.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica