Dopo decenni di permissivismo, di lassismo, di democrazia goffamente applicata alla pedagogia. Dopo decenni di sì che aiutano a crescere, di alibi, di scuse, di giustificazioni, forse la scuola riscopre che la severità non era del tutto un cattivo affare. Specie se un giorno sì e due giorni no un professore viene gonfiato di botte da uno studente abituato a non veder messo in dubbio il suo diritto a fare ciò che gli pare o da un genitore che non ha nessuna intenzione di metterlo in dubbio.
Se ne sono accorti anche gli insegnanti. Che si sentono indifesi, vulnerabili davanti a un'escalation di violenze che negli ultimi mesi - come accade alle volte a delle notizie che sembrano autoalimentarsi in una sequenza senza fine - ha rendicontato ventiquattro casi resi pubblici di violenze, aggressioni e minacce ai danni dei prof. Molti altri saranno rimasti impigliati nelle reti della paura, dell'omertà, dell'incredulità, della rinuncia.
Così da qualche tempo sul sito change.org è comparsa una petizione per chiedere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella (e al ministro dell'Istruzione che verrà) una legge che, si legge nella petizione online «istituisca e soprattutto rafforzi la figura dell'insegnante quale pubblico ufficiale, che inasprisca le pene laddove ci sono episodi di violenza conclamati, che tuteli la libertà di insegnamento e restituisca agli insegnanti un ruolo di primo piano». Una legge che «comporti delle sanzioni che siano da esempio educativo per le generazioni future, serve una norma che tuteli il libero esercizio dell'insegnamento quale base per la crescita delle generazioni che verranno». Perché la scuola, «comparto maltrattato sul piano economico, giuridico e sociale», non ha certo bisogno di nuovi fronti di conflitto.
La petizione sembra aver risvegliato il torpido mondo degli insegnanti italiani. E ha già ottenuto oltre 53mila firme rispetto a un obiettivo fissato dai propositori di «Professione Insegnante» a 75mila.
Tutto è nato dall'ennesimo episodio della serie «classi da incubo». Ad Alessandria una professoressa dal fisico minuto, fragile e con difficoltà motorie è stata legata alla sedia e presa a calci da alcuni alunni di prima di un istituto superiore mentre i compagni giravano il video messo online e subito dopo cancellato. L'episodio, reso noto il 28 marzo, non è stato denunciato dalla donna. La punizione per gli studenti è stata di un mese di sospensione con l'obbligo di frequenza e in aggiunta la pulizia dei cestini delle altre aule durante l'intervallo. Una punizione «per nulla esemplare, e un messaggio sbagliato agli studenti che rispettano la scuola e gli insegnanti» secondo gli stessi docenti.
Tra gli altri episodi simili avvenuti dall'inizio del 2018, il professore ipovedente di Palermo finito in ospedale per le percosse ricevute dal padre di un'alunna che gli aveva raccontato di essere stata picchiata dall'insegnate; la maestra di Palermo colpita con un pugno dal genitore di un alunno (peraltro bidello dello stesso istituto) infastidito dai rimproveri dell'insegnante per le troppe assenze del figlio; una professoressa di Italiano accoltellata in classe a Santa Maria Vico, in provincia di Caserta.
Qualcuno finalmente anche tra le mura delle scuole sembra aver capito che ridare autorevolezza a un corpo docente che da parte sua spesso fa di tutto per abdicare a ogni credibilità è fondamentale per il futuro dei nostri figli.
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