Lettera Ue sul «salva banche»: è guerra tra Roma e Bruxelles

Nel documento le condizioni per aiutare i 4 istituti senza incorrere in sanzioni: così è nato il caos sui risparmiatori. E qualcuno ha pubblicato il testo riservato

Adesso chi lo va a dire agli obbligazionisti subordinati delle quattro banche che se hanno perso i risparmi di una vita è per colpa di un'interpretazione semantica? Di una diatriba fra legulei? È quanto emerge dalla lettera che il 19 novembre scorso due commissari europei (Hill e Vestager) hanno inviato a Pier Carlo Padoan. E che ora è misteriosamente apparsa a Bruxelles, diffusa dalla Reuters, dopo che Renzi aveva minacciato di renderla pubblica. E forse qualche manina italiana a Bruxelles l'ha allungata alle agenzie di stampa. Su precisa richiesta italiana, i due commissari mettono nero su bianco le condizioni Ue per il salvataggio di Banca Etruria, Carife, CariChieti e Banca Marche. Il governo aveva chiesto quale strumento poteva utilizzare per il salvataggio delle quattro banche, facendo chiaramente capire che avrebbe preferito utilizzare il Fondo interbancario di garanzia. E voleva una risposta ufficiale.I due commissari non sono d'accordo. Ricordano al governo che se venisse usato si prefigurerebbe un «aiuto di Stato» e quindi infrangerebbe la direttiva europea sui salvataggi bancari. Con conseguente rischio di procedura d'infrazione.Il Fondo interbancario a tutela dei depositi è un fondo alimentato con flussi degli istituti di credito (banche private), ma regolato da una legge dello Stato. Da qui, l'aspetto di potenziale intervento pubblico; «che sia l'Italia sia la Commissione vogliono limitare nel settore bancario».In un passaggio successivo della lettera, però, i due commissari ipotizzano che se il Fondo interbancario non venisse considerato aiuto di Stato, in quanto partecipato da entità private, allora il suo intervento non infrangerebbe la direttiva europea sui salvataggi bancari. Insomma, potrebbe essere utilizzato. Prima no, poi sì. E comunque - sottolineano - ogni decisione sullo strumento da utilizzare spetta al governo italiano. Con un filo di ironia non volontaria, la lettera si chiude: «Speriamo di aver chiarito i contorni della vicenda e restiamo a vostra disposizione».Insomma, se gli obbligazionisti subordinati sono stati coinvolti nel meccanismo di salvataggio delle 4 banche è perché non c'è stata la corretta interpretazione su cos'è il Fondo interbancario: è privato, perché alimentato da risorse di banche private; è uno strumento pubblico, perché regolamentato da una legge.Se fosse stato utilizzato, e fosse passata la prima interpretazione, gli obbligazionisti subordinati non sarebbero stati chiamati a partecipare al salvataggio delle banche, come gli azionisti. Invece il governo, di fronte alla lettera dei due commissari (gentile nella forma, brutale nella minaccia di una procedura d'infrazione per «aiuto di Stato»), ha scelto la strada di una sorta di consorzio di banche che hanno salvato le 4 sull'orlo del fallimento, ma senza un formale intervento pubblico. Il sistema bancario ha anticipato tre anni di versamenti al Fondo interbancario ed ha ottenuto uno sconto fiscale. Ma in tal modo, e applicando alla lettera le direttive europee, ha costretto gli obbligazionisti subordinati a partecipare al salvataggio.

Tra l'altro, questa direttiva europea è stata discussa ed elaborata con la partecipazione di esperti italiani coordinati da Fabrizio Saccomanni, ai tempi del governo Letta. Prima di fare il ministro, Saccomanni è stato direttore generale della Banca d'Italia.

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