Che la Commissione europea avesse una propensione speciale per le Ong era già abbastanza palese, ma che addirittura eludesse il rispetto delle regole base sulla trasparenza era difficile da prevedere. E invece è proprio sulla mancanza di trasparenza nella destinazione dei fondi alle organizzazioni no profit che si sofferma la Corte dei conti europea che, nel ruolo che gli compete, ossia di revisore esterno indipendente dell'Ue, bolla con una sonora bacchettata l'organo esecutivo. I contabili di Lussemburgo (è qui che la Corte ha la propria sede), tutelando gli interessi dei contribuenti dell'Unione sottolineano con un esplicito documento formale che «i dati raccolti sui fondi Ue impiegati dalle Ong non sono uniformi e che la Commissione non dispone di informazioni complete, specie per le reti di organizzazioni internazionali e per progetti a gestione indiretta, per i quali la mancanza di informazioni disponibili ostacola i controlli sulle spese». Ma la disamina dei calcoli non si ferma qui. Anzi.
Secondo la Corte dei conti «il sistema attualmente utilizzato per classificare le organizzazioni come Ong non è affidabile e la Commissione non dispone di informazioni sufficientemente dettagliate su come viene speso il denaro». Nel mirino dei giudici contabili ci sono i documenti di spesa per 11 miliardi e 314 milioni di euro che tra il 2014 e il 2017 la Commissione ha erogato ai progetti delle realtà no profit di cui esplicitamente ben 5,4 miliardi destinati agli aiuti umanitari del continente africano, allo sviluppo di quelle popolazioni disagiate, alla protezione dell'ambiente e alla ricerca nel sud del mondo. Ma proseguendo nella considerazione dei carteggi emerge pure una forte sferzata all'Onu: la Corte osserva che la situazione appare ancora più grave nei casi in cui i fondi europei sono erogati tramite organismi delle Nazioni unite.
Nello specifico si legge che «nel settore delle azioni esterne, la Commissione dovrebbe migliorare la tracciabilità dei fondi identificando nei propri sistemi le entità che effettivamente attuano le azioni finanziate e, nel caso di progetti a gestione indiretta attuati tramite organismi delle Nazioni unite, verificare che siano fornite sufficienti informazioni sui costi indiretti dichiarati per le Ong finanziate. In questo modo sarebbe possibile valutare i costi dichiarati da tutte i partecipanti all'attuazione dei piani di lavoro». Considerazioni che fanno riflettere su quanto e come le organizzazioni non governative si potrebbero gonfiare il portafoglio facilmente visto che non c'è un vero e proprio controllo di fatture, a differenza invece dei progetti europei dove un'azienda privata o un professionista per ottenere il finanziamento aggiudicato deve certificare fino all'ultimo centesimo. Ed è qui che i contabili europei puntano l'indice su un fenomeno conosciuto come quello dei due pesi e due misure.
Perché stando al resoconto pubblicato dalla magistratura lussemburghese si deve partire facendo chiarezza sul ruolo e sulla classificazione delle organizzazioni non governative.
Infatti sono state riscontrate delle incongruità nella classificazione delle Ong da parte dei diversi enti e direzioni generali della Commissione stessa. Ed è proprio da questi primi passaggi, smaccatamente errati, che discenderebbe la gestione scorretta dei fondi erogati e non puntualmente controllati nei percorsi di impiego.
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