
«C'è un giudice a Manhattan». L'ex commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni ha reagito così con un post su X, ieri mattina, alla mossa del tribunale americano del commercio sui dazi di Trump. Ma la reazione fredda delle Borse ha subito dimostrato che la battaglia sarà ancora lunga e, forse, ancor più complicata. E in serata è arrivata la conferma dalla Corte d'appello americana che ha deciso di consentire che i dazi di Donald Trump restino per ora in vigore.
Certo, con lo stop dei giudici aumentano le chances di Bruxelles per negoziare condizioni più favorevoli senza la spada di Damocle del 9 luglio, scadenza della moratoria per le sovrattasse reciproche. Il vertice di Bruxelles non ha voluto commentare e il calendario degli impegni dei prossimi giorni non dovrebbe subire modifiche: a Parigi sono previsti contatti fra il commissario al commercio Maros Sefcovic e le controparti americane a margine della riunione ministeriale dell'Ocse il 3-4 giugno. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen ieri ad Aquisgrana ha comunque tracciato la rotta tornando sul ruolo della Ue negli affari globali, non più schiacciata sull'alleanza transatlantica perché la gran parte «degli scambi globali» si muove ormai su traiettorie diverse: «Stiamo assistendo a un'ondata di paesi da tutto il mondo che si rivolgono a noi per fare affari insieme, perché siamo affidabili e seguiamo regole comuni. Naturalmente, vogliamo ristabilire il nostro partenariato commerciale con gli Stati Uniti su basi più solide. Lavoreremo sempre in tal senso. Ma sappiamo anche che l'87% del commercio globale avviene con altri Paesi, tutti alla ricerca di stabilità e opportunità. E l'Europa può offrirle». Gli attuali vertici europei tengono, quindi, aperto il dialogo con l'altra sponda dell'Atlantico ma nel frattempo - come ha sottolineato il vicepresidente della commissione Ue, Raffaele Fitto - puntano a rafforzare la dimensione commerciale della Ue, come l'accordo con il Mercosur. Lo stesso percorso è stato avviato nel centro Asia e in Sudafrica.
La sconfitta giudiziaria inflitta al presidente Trump in materia dei cosiddetti dazi reciproci riguarda quelli imposti a Canada, Messico e Cina, la sovrattassa di almeno il 10% imposta lo scorso 2 aprile su tutti i prodotti che entrano negli Stati Uniti e le sovrattasse fino al 50% a seconda del Paese di origine, la cui applicazione era stata rinviata a luglio. L'impatto di questa decisione rimane però ancora incerto, siamo solo al primo round. Si spiega, così, la reazione scettica delle Borse europee alla sentenza Usa arrivata nella notte italiana. La seduta è stata aperta in positivo, però senza grandi fiammate. Nelle ultime ore di contrattazioni, i listini hanno poi virato in negativo sulla scia della frenata di Wall Street dopo l'entusiasmo iniziale alimentato dalla buona trimestrale di Nvidia. A fine giornata, il FtseMib di Milano ha così ceduto lo 0,36%, Parigi e Londra lo 0,11%, Francoforte lo 0,44%, mentre Madrid ha chiuso poco sopra la parità (+0,22%). Poi, a Borse chiuse è arrivata la notizia della corte d'appello federale che ha concesso una sospensione temporanea la sentenza del Tribunale del Commercio Internazionale fino a nuovo avviso, lasciando così aperta lapossibilità di ulteriori sviluppi giudiziari.
Intanto, secondo un'analisi di Barclays, le aziende anticiperanno in gran misura tutte le importazioni dall'estero per sfruttare il ritorno alle tariffe storiche ed è «probabile che il deficit commerciale degli Stati Uniti per il primo semestre sarà estremamente alto». Il problema è che gli ultimi sviluppi aggiungono incertezza e confusione. I mercati sembrano, inoltre, temere che Trump riesca ad aggirare i tribunali.
Di certo, ieri sera il presidente Usa ha vinto il primo ricorso contro lo stop alle tariffe. I dazi per ora restano in vigore. La guerra commerciale è tutt'altro che finita. Anzi, si incrocia con una guerra giudiziaria dagli esiti ancora imprevedibili.