Guerra in Ucraina

"L'Europa ha già fallito ma almeno si è schierata. Serve una nuova Yalta"

Il filosofo: "La crisi va risolta tra Usa, Cina e Russia. Bruxelles non aiuta chi dipende dal gas"

"L'Europa ha già fallito ma almeno si è schierata. Serve una nuova Yalta"

L'Italia e la guerra. «Dobbiamo spingere perché gli Imperi - ovvero Russia, Stati Uniti e Cina - si siedano attorno a un tavolo e trattino». Con un paio di rasoiate Massimo Cacciari spazza via tutta la retorica sull'Europa unita e compatta. Anzitutto, l'Europa è periferica e conta poco o nulla: «La Ue deve fare come Dante davanti al paradiso terrestre».

Che c'entra l'Europa con la Divina Commedia?

«Dante deve pentirsi prima di andare avanti».

Noi?

«Dobbiamo dirci come stanno le cose».

E come stanno?

«Ci dobbiamo confessare come Dante. E ammettere il fallimento totale della politica europea nel Mediterraneo. Dovevamo creare un ponte oltre i nostri confini, ma siamo passati da un disastro all'altro».

Turchia. Libia. Russia.

«Appunto, vede che dobbiamo confessare i nostri errori gravissimi?».

Ma l'Europa ha sorpreso Putin, mandando armi in Ucraina.

«Quando c'è la guerra bisogna schierarsi. Per fortuna l'abbiamo fatto, ma ci vuole intelligenza».

Quindi l'Italia cosa deve fare?

«Ripeto: dobbiamo spingere i Tre imperi a trattare. È una questione di realismo. Sono loro che devono trovare un accordo e dobbiamo metterci in testa che il vecchio ordine traballa».

Una nuova Yalta?

«Esatto. Ci vuole una nuova Yalta. L'Italia può fare quello che vuole, ma in questo momento quel che conta è la diplomazia, più o meno sotterranea, segreta, fra Mosca, Washington e Pechino. Il resto è di secondaria importanza. Il Parlamento e il governo italiano devono indirizzare i Grandi verso una soluzione di pace, non possiamo fare altro. Io immagino due tavoli: uno fra Ucraina e Russia, il secondo fra i Tre imperi».

Le sanzioni?

«Fanno male e dunque vanno bene. Ma ancora una volta l'Europa deve confessarsi».

Quali peccati questa volta?

«Ad alcuni, che poi sono la Germania e l'Italia, le sanzioni provocano danni molto seri, ad altri meno, per altri ancora sono irrilevanti. Nessuno però dice nulla e invece la Ue avrebbe dovuto rivolgersi a Berlino e a Roma: «Non preoccupatevi, vi aiuteremo perché siete in grande difficoltà, per esempio sul lato del vostro export». Ma Bruxelles si guarda bene dall'iniziare un discorso del genere. Anzi, lo scenario è ancora più scuro».

Perché?

«Perché è evidente che ormai il nostro Pnrr è saltato. Con l'inflazione vicina al 10%, con la spirale dei prezzi, con tutto quello che sta succedendo, è evidente che i progetti dovranno essere rivisti, tagliati, ridotti. Prima o poi dovremo fare i conti con una situazione che è completamente cambiata. E ci sono prospettive di crescita assai più modeste e un costo della vita che rischia di strangolare i ceti medi. Fra inflazione e caro energia, oggi non si può più vivere con 1300-1400 euro al mese. Si dovrà inventare un meccanismo per attutire i colpi, tipo la scala mobile, e dare così dignità e respiro ai salari che sono sempre più inadeguati; altrimenti nel nostro Paese ci saranno rivolte sociali».

Professore, che impressione le ha fatto il discorso di Zelensky al parlamento italiano?

«Zelensky si è collegato con tanti Paesi, prima o poi sarebbe toccato anche a noi. Ok, comunque le parole sonostate tutto sommato equilibrate. Va bene così».

I russi non vanno più di moda.

«Dobbiamo stare attenti a distinguere: la Russia va colpita, i russi no. Non possono essere colpevolizzati per gli orrori del regime. Fra l'altro così si alimentano discriminazioni. Si bloccano gli atleti legati alle federazioni sportive, mentre i tennisti, particolarmente quelli che risiedono e hanno il conto a Montecarlo, continuano tranquillamente a frequentare il circuito dei tornei».

I sequestri degli yacht?

«Quelli sono fumo negli occhi, spettacolo. Oltretutto i beni non vengono confiscati, come crede l'opinione pubblica, anzi è probabile che alla fine vengano restituiti agli oligarchi».

C'è un clima di solidarietà inedito.

«Vorrei vedere. Certo, c'è una mobilitazione che coinvolge famiglie e enti. Encomiabile.

D'altra parte siamo alle porte di casa nostra: ad Aleppo, in Siria, e in tanti altri teatri di guerra la gente moriva e tutti si giravano dall'altra parte, il fatto che ora ci sia più partecipazione alle tragedie del popolo ucraino è una consolazione relativa».

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