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L'Europa scarica l'inutile Di Maio: niente missione E la Libia è sola

A forte rischio il viaggio a guida italiana. Ma l'attacco alla scuola militare è un pretesto: l'Ue non vuole affidarsi al nostro ministro

L'Europa scarica l'inutile Di Maio: niente missione E la Libia è sola

di Gian Micalessin

D i Maio chi è costui? Risposta semplice. È il vero Carneade della politica internazionale. Con una differenza. Il filosofo di Cirene su cui s'arrovellava don Abbondio era stato semplicemente dimenticato. Il capo della nostra diplomazia viene, invece, ignorato. Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo l'ha depennato dalla lista dei ministri degli esteri europei con cui ha discusso la crisi irachena. I capi della diplomazia di Francia, Germania e Inghilterra che accompagnati dell'Alto Commissario Europeo Joseph Borrell dovevano seguirlo in Libia sono pronti scaricarlo. Appigliandosi al sanguinoso bombardamento della scuola militare di Tripoli vogliono far abortire la presunta missione europea che, nelle promesse di un Di Maio reduce dalla trasferta libica del 17 dicembre, doveva rilanciare la nostra posizione nell'ex colonia, contenere l'influenza della Turchia e ridurre a più miti consigli un generale Khalifa Haftar appoggiato da Russia, Egitto ed Emirati Arabi. Con tutta probabilità, invece, non se ne farà nulla.

La visita alla Farnesina di quest'oggi del ministro tedesco Heiko Maas accompagnato da Josep Borrell servirà proprio ad annunciare la cancellazione della missione. La motivazione ufficiale è, assai banalmente, l'impossibilità di discutere con un Haftar responsabile di una strage da lui stesso rivendicata. Peccato che in guerra lo scopo delle mediazioni sia, per l'appunto, far discutere i nemici più impresentabili. Ma questo poco conta. Il motivo reale è la scarsa disponibilità dell'Europa ad affidarsi - in una situazione complessa come quella libica - ad un personaggio insignificante come il nostro ministro degli Esteri. Un'insignificanza che persino l'agenzia ufficiale cinese Xinhua ritenne doveroso sottolineare segnalando, lo scorso 5 settembre, la nomina di un «ministro non laureato con capacità molto limitate nelle lingue straniere che ha sempre dimostrato scarso interesse per le questioni globali». Purtroppo però sarà l'Italia, e non il governo giallo-rosso, la prima a pagare le dure conseguenze di una Farnesina senza timone e assolutamente incapace d'esercitare un'azione diplomatica e strategica di fronte agli scenari bellici che dall'Irak alla Libia ne mettono a rischio sicurezza e interessi nazionali.

Consumatosi lo sgambetto europeo a Di Maio l'Italia non potrà far altro che attendere quell'incontro di mercoledì 8 gennaio ad Ankara in cui il presidente turco Recep Tayyp Erdogan e quello turco Vladimir Putin, i due nuovi dioscuri dei destini libici, discuteranno la spartizione dei rispettivi interessi nei territori della nostra ex colonia. Ad aver la meglio con tutta probabilità sarà ancora una volta Vladimir Putin. Oltre appoggiare Haftar e ad intrattenere ottimi rapporti con tutti i suoi alleati - dall'Egitto all'Arabia Saudita dalla Francia agli Emirati - il presidente russo non ha mai interrotto il dialogo con il governo di unità nazionale di Tripoli guidato dal premier Fayez Al Serraj. Proprio per questo il vero ago della bilancia capace, come ha già fatto in Siria, di ridurre a più miti consigli la Turchia garantendo però a Egitto, Emirati Arabi e Arabia Saudita il contenimento della Fratellanza Musulmana appoggiata da Ankara, sarà ancora una volta il capo del Cremlino. In cambio pretenderà il riconoscimento di quelle concessioni di sfruttamento petrolifero e di quei contratti per la costruzione della ferrovia tra Sirte e Bengasi che la Russia ottenne dal Colonnello Gheddafi - nel lontano 2010 - grazie anche alla mediazione dell'Italia guidata da Silvio Berlusconi. Dieci anni dopo l'Italia di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio può soltanto sperare nelle memoria e nella riconoscenza di Vladimir Putin.

Sarà lui, se ne avrà voglia, a garantirci un briciolo d'influenza dopo la fulminante impresa di un governo giallo rosso riuscito in pochi mesi a declassarci da nazione guida a ultima ruota del carro libico.

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