
«L'Italia smetta di piagnucolare, mostri gli attributi e si faccia valere» in Europa. Non è un buon momento per il Belpaese nelle istituzioni comunitarie e la colpa non è di Angela Merkel o delle burocrazie di Bruxelles.
Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, lo dice da tempo. Ma ieri a Idee Italia-La voce del Paese, la tre giorni di dibattiti ideata da Mariastella Gelmini e Paolo Romani, ha scelto di ripeterlo con toni più forti e una determinazione che fanno pensare a una ultima chiamata. Un appello, più che all'esecutivo in carica, al prossimo governo. Giusto avere come bussola gli interessi nazionali. Sbagliato pensare che li tutelino i governi degli altri, ha spiegato aprendo la tavola rotonda sull'Europa moderata dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti. L'Italia in Europa «non è presente come dovrebbe essere in proporzione alla sua forza e alla sua storia». Difendere i nostri interessi non è impossibile. «Si può fare. Non è vero che nessuno ci vuole. Berlusconi impose Draghi come presidente della Bce, io sono stato eletto presidente del Parlamento contro il candidato della sinistra. Interessi contrastanti ci sono sempre, basta puntare i piedi». Poi la normativa antidumping, fatta passare per iniziativa dell'azzurro Salvatore Cicu, contro il parere di paesi potenti.
Agli esempi positivi di come si può stare in Europa, Tajani contrappone qualche caso di cattiva condotta. La conferenza con i paesi dell'Est, con la cancelliera tedesca e persino la premier britannica Teresa May presentissime e l'Italia rappresentata da un ambasciatore. Poi la débâcle dell'Ema. Tajani cita il mancato accordo con la Spagna, la gaffe di Matteo Renzi che in varie occasioni ha snobbato il governo di Madrid. L'ultimo premier a stabilire una rete di contatti oltre confine, spiega Tajani, è stato Silvio Berlusconi.
Puntare i piedi si può. Anche contro le burocrazie. Tajani cita la vicenda dell'addendum della Bce. La vigilanza dell'istituto di Francoforte ha proposto una stretta che avrebbe penalizzato banche e imprese. La presidenza dell'Europarlamento ha risposto e ora ha l'appoggio del Consiglio europeo, l'organismo che rappresenta gli stati.
Gli esponenti di Forza Italia che hanno partecipato alla tavola rotonda conclusiva sono tutti d'accordo sulla necessità che l'Italia abbia un peso maggiore. «Siamo un ponte sul Mediterraneo, perché noi non ci siamo? Ci sono inglesi, francesi, statunitensi, noi no», si è chiesto il presidente dei senatori azzurri Paolo Romani.
Il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta traccia uno scenario preoccupante sulla governance europea. Abbiamo barattato un po' di flessibilità sul deficit con la rinuncia a dire la nostra sugli assetti futuri dell'Europa. E così abbiamo messo a rischio la nostra economia, le banche, ma anche «la democrazia e la sovranità».
Lara Comi ricorda un'altra vittoria dell'Italia, portata avanti dall'eurodeputata Alessandra Mussolini, la revisione del trattato di Dublino. Mario Mauro, chiede una riflessione su quali siano gli interessi italiani su scenari più ampi, come quello mediorientale. Anna Maria Bernini, ex ministro alle politiche europee, dice no allo ius soli e spiega che se il tema è in cima all'agenda della politica è a causa del «congresso permanente» della sinistra.
Argomentazioni da forza di governo.
E un accoglienza, fuori dai confini di Forza Italia, che fanno dire a Romani: «Ci siamo impegnati a tradurre questi consigli che arrivano dal mondo delle imprese e delle associazioni in una vitale linfa per il nostro programma elettorale. Uniti si vince. E vince l'Italia».