L'Europa si danna per trovare la quadra su sanzioni e trattati. Draghi vola da Biden e fa asse con Parigi

Tenere i piedi in due staffe non è più possibile. Almeno questo messaggio sembra essere passato in sede europea

L'Europa si danna per trovare la quadra su sanzioni e trattati. Draghi vola da Biden e fa asse con Parigi

Tenere i piedi in due staffe non è più possibile. Almeno questo messaggio sembra essere passato in sede europea. Ieri, nella (quinta) riunione degli ambasciatori Ue per il via alle nuove sanzioni alla Federazione russa, in particolare la rinuncia «graduale» al petrolio di Mosca (entro 6 mesi al greggio, entro l'anno ai prodotti raffinati), ci sono «progressi». Restano però da limare dettagli non secondari: anzitutto sull'azione in favore di cittadini e imprese nei Paesi più esposti, Germania e Italia in primis; come garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. E soprattutto scongiurare il «veto» della Bulgaria, che chiede il rinvio di 2 anni, e dell'Ungheria, che vuole fondi per l'operazione maquillage necessaria alle sue raffinerie calibrate al 100% sulla Russia.

Slittato (ancora) il via libera dei rappresentanti permanenti dei 27 (Coreper) al sesto «pacchetto», c'è però un cauto ottimismo per il Sì all'embargo progressivo sul petrolio, nonostante il premier ungherese Viktor Orban parli di «bomba atomica» per l'economia magiara. Certe perplessità di Slovacchia e Repubblica Ceca sembrano sormontabili grazie a proroghe: esenzione a fine 2024 per Budapest e Bratislava, giugno 2024 per Praga. Resta l'incognita Olaf Scholz. Emmanuel Macron, guida «politica» di turno dell'Ue, approfitterà della prima visita all'estero da presidente rieletto per stanare il cancelliere sulle sue reali intenzioni. «Nessuna via solitaria - rassicura Scholz - Qualsiasi cosa faremo sarà accordata con gli alleati in Europa e Oltreatlantico, non intraprenderemo azioni che danneggino noi o i nostri partner più della Russia». Un piede a Berlino, un altro dentro la bandiera Ue.

Sul tavolo non ci sono però solo questioni «tecniche» da risolvere, legate anche alla riconversione infrastrutturale per non restare a secco di greggio. Ma scelte politiche, sul futuro dell'Unione. Le decisioni per rispondere alle minacce del Cremlino si intrecciano con la capacità di esercitare leadership condivise nel percorso di riforma del Vecchio continente. La corsa alla «revisione» dei Trattati è appena partita. E l'iter di attivazione dell'articolo 48 per chiedere agli Stati membri una Convenzione ad hoc, per inseguire la «disobbedienza» e andar verso il prolungamento della sospensione dei parametri di Maastricht (deficit sotto il 3% del Pil e debito sotto il 60%), vede Mario Draghi in prima fila. D'intesa con Macron, il premier italiano ha tracciato la rotta sul «federalismo pragmatico» a Strasburgo; oggi, in occasione della Giornata dell'Europa, toccherà al presidente francese parlare all'Europarlamento (favorevole alla revisione dei Trattati). Ma serviranno mesi. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è ottimista: «72 anni dopo la nascita dell'Europa siamo più uniti che mai, il male è tornato ma vinceremo la sfida». Si va quindi avanti su «pacchetti» anche contro banche russe, media della Federazione e limitazioni verso Gazprombank per indebolire Mosca e la sua propaganda, come ricordato pure al G7. E si ipotizza soprattutto un secondo Recovery Fund per far fronte a quella che il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha definito ieri «un'economia di guerra».

Tutti sembrano aver voglia di negoziare, di non avvitarsi in qualche forma di compromesso che finirebbe solo per penalizzare l'Europa senza incidere troppo sui conti di Mosca. Scholz prepara le «carte» per l'ospite francese che fino al 1° luglio guida il Consiglio dell'Ue. L'approccio «cauto» del cancelliere (dalla sospensione del Nord Stream 2 all'embargo), è però stigmatizzato anche dal Financial Times per i 100 miliardi messi da Berlino nella modernizzazione del suo esercito esitando invece sulle armi pesanti all'Ucraina. Ma è un castello espugnabile. Di fronte a un'Europa alle prese con evidenti squilibri, per gli Usa è necessario un focus: Draghi è il primo leader Ue in missione da Joe Biden dal 24 febbraio.

Domani parlerà dei costi da imporre a Mosca per l'aggressione a Kiev. Poi un premio come politico dell'anno all'Atlantic Council. Ucraina e sicurezza energetica al centro della visita a Washington, per riaffermare il legame transatlantico dell'Italia. E ritrovare un ruolo.

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