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L'Europa si divide per i soldi e seppellisce il suo futuro

Il piano "Next generation" sta naufragando. Vince la sfiducia e ogni Paese pensa solo ai propri interessi

L'Europa si divide per i soldi e seppellisce il suo futuro

Alla fine Mark Rutte ha vinto imponendosi come l'autentico Terminator europeo e rivelandosi ben più pericoloso di tanti presunti sovranisti. Chi nel 2017 brindò alla sua vittoria sul biondo euroscettico Geert Wilders oggi ha di che pentirsi. Il biondo Geert si sarebbe limitato a spingere fuori dall'Europa un'Olanda che vale appena il 5 per cento del suo Pil e il 3,7% per cento della sua popolazione. Al lodato europeista Rutte, più preoccupato di vincere le elezioni nazionali del prossimo marzo son invece bastati tre giorni per smantellare dalle fondamenta l'intero progetto europeo. Grazie alla spregiudicata battaglia sul Recovery Fund e sul bilancio europeo condotta da un premier pronto a ignorare anche Emmanuel Macron e Angela Merkel pur di piegare un'Italia considerata sprecona e un'Ungheria ritenuta non sufficientemente democratica l'Unione Europa non esiste più. Al suo posto sopravvivono soltanto le rovine istituzionali disseminate attorno ad un blocco centrale franco-tedesco eroso, peraltro, dalle rivalità tra Berlino e Parigi. Ai quattro punti cardinali della defunta Unione emergono tre macro-cantoni. Dal centro al nord dominano i cosiddetti frugali (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia). Sul litorale meridionale arrancano Spagna, Italia e Grecia minacciate dal rischio dell'insolvenza sovrana. A levante prende forma un'Europa di Visegrad sempre più allergica al concetto di stato di diritto prefigurato da Rutte o da altri epigoni del politicamente corretto. Ma la tre giorni di Bruxelles mette in luce anche odi e rancori personali dei vari leader. Quello più esplicito l'esprime Viktor Orban che sbottando contro Rutte l'accusa di odiare lui e l'Ungheria. Più allarmanti dei rancori personali sono però le crepe istituzionali di un'Unione costruita su fondamenta dimostratesi assolutamente inadeguate. Quelle fondamenta, scavate 27 anni fa con la firma dei Trattati di Maastricht, sono la vera ragione del tracollo manifestatosi tra venerdì 17 e ieri sera. Fondamenta risultate traballanti perchè inadeguate a tenere in piedi una qualsiasi forma di governance o, meglio, di governo centrale europeo capace d'imporre la propria volontà a tutti i paesi membri. Se quel governo fosse esistito Rutte non avrebbe potuto dominare il Consiglio Europeo perché gli sarebbe stato imposto di tacere e garantire la sopravvivenza del progetto europeo. Invece grazie all'incerta e pericolante architettura istituzionale di un'Europa in cui Commissione e Consiglio Europeo si contendono la funzione di governo il premier della Lilliput olandese è riuscito a fare il bello e il cattivo tempo. Ha potuto non solo mettere in croce un'Italia rimasta, nel bene e nel male, il terzo contribuente europeo, ma anche far carne di porco di un progetto che Merkel e Macron considerano essenziale per salvare l'Europa. Ma lo strapotere di Rutte non è emerso negli ultimi tre giorni. E non è certo figlio dei malumori generati dal Recovery Fund o dal bilancio europeo. Se a Bruxelles esistesse uno straccio di governo all'Olanda non sarebbe concesso di succhiare le entrate fiscali degli altri stati membri (tra cui ogni anno almeno un miliardo e mezzo di tasse dovute all'Italia dalle multinazionali) sfruttando sotterfugi finanziari degni più di un paradiso fiscale che di una nazione europea. Mancandole un governo l'Europa, oltre a non tener a freno l'avida Lilliput olandese, non riesce neppure a garantire la funzione fondamentale di qualsiasi aggregato umano e sociale ovvero la capacità di decidere. Quest'incapacità era già emersa in passato. Nel 2010 la Grecia crollò sotto gli occhi di un'Unione distratta e assente. Nel 2015 la Turchià riuscì a ricattarci ed estorcerci sei miliardi di euro grazie alla protratta incapacità di Bruxelles di formulare una risposta coerente alla minaccia migratoria. Per non parlare della tragedia di un'Italia ridotta da sei anni a terra di sbarco grazie anche all'indifferenza europea. Ma ieri si è superato ogni limite. Stavolta era in ballo la sopravvivenza stessa di un Europa messa in ginocchio dal Coronavirus e pronta a crollare sotto i colpi della crisi economica.

E scegliendo anche stavolta di non decidere l'Unione ha commesso il suo definitivo suicidio.

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