L'ex ad di Thyssenkrupp in prigione. I parenti delle vittime: «No al perdono»

Una storia cominciata quel 6 dicembre del 2007, quando una violenta esplosione nelle acciaierie torinesi della ThyssenKrupp causò la morte di sette operai

L'ex ad di Thyssenkrupp in prigione. I parenti delle vittime: «No al perdono»
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Un'odissea giudiziaria lunga sedici anni. Una storia cominciata quel 6 dicembre del 2007, quando una violenta esplosione nelle acciaierie torinesi della ThyssenKrupp causò la morte di sette operai e finita solo il 10 agosto scorso, quando l'ex amministratore delegato del colosso tedesco, Harald Espenhahn, ha cominciato a scontare in Germania la pena in semilibertà, andando solo a dormire in prigione.

È l'epilogo della lunga vicenda processuale legata a uno dei più gravi incidenti sul lavoro dell'Italia contemporanea. Espenhahn era stato infatti condannato a 5 anni, ma fino a pochi giorni fa non aveva scontato nemmeno un giorno di carcere. A dare la notizia del ricorso respinto alla Corte costituzionale federale tedesca per evitare di scontare la pena per «omicidio colposo e incendio doloso colposo» è stato Der Spiegel, ma non si conosceva il nome del manager. Espenhahn è stato giudicato colpevole in un processo in Italia nel 2016 e il tribunale gli aveva inflitto una pena di 9 anni e 8 mesi di carcere. Il tribunale di Essen ha poi commutato il verdetto di colpevolezza in una condanna a 5 anni di carcere in Germania, pena massima tedesca per questo reato. Ma è poco per i familiari delle sette vittime: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe De Masi. «Ci restano sempre e solo le briciole. Io non perdonerò mai, nemmeno in punto di morte», commenta Rosina Platì, mamma di Demasi. «Questo poco - aggiunge - lo abbiamo raggiunto noi, con tutte le lotte che abbiamo fatto. Se qualcuno ci avesse aiutati, magari saremmo riusciti a ottenere qualcosa di più». L'unico sopravvissuto all'incidente, Antonio Boccuzzi, invece dichiara: «La cosa che mi delude di più è un senso di sconfitta. Avrebbe potuto essere qualcosa che poteva cambiare il Paese sul tema degli infortuni sul lavoro. Lo ha fatto un po' dal punto di vista della legislazione ma purtroppo ha dato anche un senso di impunità». Ma è anche la politica a intervenire, a partire dal ministro Carlo Nordio: «Si è finalmente concluso l'iter di riconoscimento da parte della Germania della sentenza di condanna anche per l'ultimo manager condannato in via definitiva nel processo per omicidio colposo - come richiesto dal Ministero della Giustizia italiano -. In questi anni, il Ministero ha seguito da vicino il procedimento, per poter assicurare una piena risposta di giustizia alle vittime». Offre una diversa chiave di lettura, invece, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio: «Mi auguro che anche sul ritardo nell'esecuzione della pena possa esserci presto giustizia».

Per il sindaco di Torino Stefano Lo Russo «l'incarcerazione non potrà mai restituire all'affetto dei propri cari le vite spezzate, ma lo scontare la pena detentiva è sicuramente un atto dovuto alle famiglie e alla giustizia italiana e tedesca»

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