L'ex bomber Serena: "Una pallonata e persi la memoria"

L'ex bomber Serena: "Una pallonata  e persi la memoria"

Nella testimonianza di Aldo Serena, «uno che di testa era molto forte, era come se calciasse di piede», definizione di Giovanni Trapattoni con il quale vinse lo scudetto interista dei record, c'è di tutto: lo stupore iniziale, il sospetto tirato fuori dal cassetto dei ricordi e l'episodio personale che avvalora la tesi scientifica. «Innanzitutto scoprirlo a 60 anni non è bello» comincia così, con un pizzico di disincanto Aldo Serena da Montebelluna, uno che con i gol di testa ha costruito una carriera. A giugno festeggerà il compleanno tondo e da come ragiona e cuce le sue risposte non da segni preoccupanti. Anzi. «Avrei preferito saperlo prima, naturalmente, anche se per me, questa notizia, non costituisce una clamorosa novità». Come mai? «Alcuni anni fa, dell'argomento, parlai con Socrates, il campione brasiliano arrivato in Italia e che giocò con la Fiorentina. Lui era medico tra l'altro, perciò competente in materia. E conversando con lui un giorno affrontammo proprio questo argomento dei rischi di colpire il pallone di testa. Mi disse, lo ricordo perfettamente: ogni colpo di testa qualcosa ti toglie».

Allarme vero, allora. «La salute viene prima di tutto. E se questo eventuale provvedimento dovesse contribuire a salvaguardare la salute dei nostri ragazzi, non avrei alcun dubbio sull'approvazione. A quell'età c'è la crescita». Da bambino Aldo Serena come se la cavava di testa? «Ho un episodio rimasto impresso nella mia memoria. Giocavo nell'Adria e un pomeriggio, mentre ero in barriera, fui colpito da una pallonata in faccia. Consideriamo un altro aspetto: allora i palloni erano di cuoio e perciò molto più pesanti di quelli usati attualmente.

A fine partita, mentre stavo raggiungendo lo spogliatoi avvicinai un compagno di squadra e gli chiesi: scusa ma come è finita la partita? E lui meravigliato: perché me lo chiedi?, hai perso il conto? Non ricordavo più niente, il trauma subito era stato talmente forte da aver cancellato un pezzo della memoria».

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