Un libro riapre la strage di Capaci: "In mano ai killer cellulari clonati"

Nel volume «I diari di Falcone» rispunta la pista che porta in Usa Lo strano «buco» nelle agende: nessun appunto a marzo del '92

Un libro riapre la strage di Capaci: "In mano ai killer cellulari clonati"

C'è un libro che riscrive la strage di Capaci nella quale morì il giudice Giovanni Falcone il 23 maggio 1992. Ventisei anni dopo tante, troppe cose non tornano nella dinamica dell'agguato e nella ricostruzione dei giorni di quella primavera del 1992, l'anno che cambiò per sempre la storia d'Italia.

Ad aiutare Edoardo Montolli c'è un testimone speciale, anzi due: I diari di Falcone, (Chiarelettere) parte dallo studio delle due agende elettroniche di Falcone che Gioacchino Genchi e l'ingegnere Luciano Petrini avevano depositato a Caltanissetta nel 1992. Alcuni elementi per esempio riscrivono l'agguato. «Tutti i pentiti - dice Montolli al Giornale - sostennero infatti di aver pedinato l'auto che andava a prendere il giudice a Palermo negli ultimi quindici giorni e di aver scoperto così che Falcone scendeva a Palermo di sabato. Circostanze smentite dalle agende. Come facevano allora i mafiosi a sapere che il giudice era atterrato quel giorno?». Ed ecco l'ipotesi più agghiacciante: «Forse i loro telefonini erano clonati». In effetti un cellulare con numero 0337 in mano agli stragisti di Capaci ufficialmente rubato e non più funzionante, poco prima che Falcone salisse sull'aereo che lo portava a Palermo il 23 maggio 1992, chiamò tre volte negli Stati Uniti, l'ultima per quasi nove minuti. Telefonate che tutti i pentiti hanno negato di aver fatto. Chi usò allora quel telefono? Peraltro il commando che prese parte alla strage, a parte Brusca, era composto di mafiosi di secondo e terzo piano, alcuni dei quali nemmeno avevano mai visto Totò Riina. L'avvocato dell'attendente di Riina Salvatore Biondino rivela: «In un colloquio durante una pausa del primo processo di Caltanissetta, attraverso le sbarre, in uno sfogo mi disse: Avvocato, ma è mai possibile che un attentato cosi importante lo abbiamo fatto noi, quattro sprovveduti?».

Anche nei diari di Falcone c'è un buco: stranamente entrambe le agende elettroniche del giudice, su cui era annotato ogni suo impegno (perfino successivi alla sua morte) solo nel mese di marzo 1992 risultano completamente vuote. Eppure proprio a marzo la strana «circolare dei prefetti» allertava su un piano di destabilizzazione volto a colpire l'Italia, con attentati (puntualmente avvenuti) tra marzo e luglio. La notizia era emersa il 18 marzo (poco dopo il delitto di Salvo Lima del 12 marzo) giorno in cui Falcone si trovava a Palermo con Paolo Borsellino e con il presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Ma sulle agende non ce ne è traccia.

Poi c'è la famosa pista che porta agli Stati Uniti e alla visita «fantasma» di Falcone a Washington - sempre seccamente smentita dal ministero della Giustizia nonostante diversi testimoni - tra la fine di aprile e gli inizi di maggio 1992 quando i suoi cellulari non chiamarono né ricevettero telefonate. Un possibile testimone oculare si è rifiutato di parlare all'autore.

L'ipotesi è che Falcone vide Tommaso Buscetta, che poco tempo dopo, dal suo rifugio negli Stati Uniti, fu in grado di profetizzare le stragi del 1993 prima ancora che i Corleonesi decidessero di attuarlo. «E se Buscetta avesse saputo del piano e ne aveva messo al corrente il giudice?», si chiede Montolli.

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