Prima hanno deciso di indagare sulla Lega, e poi sono andati a cercare se saltava fuori qualche reato: esattamente il contrario di quello che prevede il codice di procedura penale. E la singolare anomalia dell'inchiesta della Procura di Milano sulla Lombardia Film Commission va a sbattere anche contro le regole precise che il ministero della Giustizia aveva diramato a due riprese - da ultimo, nel 2006 - per richiamare all'ordine i pm italiani: se in un fascicolo non ci sono reati né indagati, allora non si possono fare indagini. Esattamente il contrario di quanto accaduto per l'inchiesta che ha poi portato all'arresto di Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Michele Scillieri, i tre commercialisti vicini alla Lega finiti agli arresti domiciliari la settimana scorsa con le accuse di peculato e turbativa d'asta.
Il documento chiave, per valutare l'anomalia del comportamento dei pm nell'inchiesta sulla Lega, è la circolare diramata nel 2011 dall'allora capo degli affari penali del ministero, Luigi Frunzio. Affronta il delicato tema dei tre registri in cui vengono divisi i fascicoli dei pm: il modello 44, quando c'è un reato ma non ci sono indagati; il modello 21, quando ci sono anche dei sospetti. E infine il modello 45, «atti non costituenti reato», cui sono destinati - dice la circolare - «atti e informative del tutto privi di rilevanza penale (esposti in materia civile o amministrativa, privi di senso, ovvero di contenuto abnorme o assurdo; atti riguardanti eventi accidentali; eccetera)». In quel registro, ribadisce la circolare, devono approdare solo «le notizie prive di qualsiasi rilevanza penale e non meritevoli di alcun approfondimento investigativo».
Chiaro, no? Ed è quanto accade il 12 febbraio 2018, quando al procuratore Francesco Greco arriva l'esposto di un cittadino milanese che lamenta che nel suo palazzo abbia messo la sua sede la Lega per Salvini, e - anche a nome degli altri condomini - esprime preoccupazione per la sicurezza e la tranquillità dello stabile. Visto che non c'è traccia di reato, Greco fa registrare la lettera a modello 45. Ma curiosamente assegna il fascicolo non a un pm qualunque ma a Eugenio Fusco, che tre mesi prima è stato nominato dal Csm procuratore aggiunto. Fusco, dice la circolare del ministero, non può indagare, non può fare nulla. Se trova indizi di reato e ritene che servano indagini, «prima che queste vengano disposte dovrà essere fatta una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato».
Invece il 9 maggio, senza fare nessuna nuova iscrizione, Fusco incarica la Guardia di finanza di scavare sulla sede leghista di via delle Stelline. È il passaggio cruciale, perché lì le «fiamme gialle» troveranno gli uffici di Michele Scillieri e dalla analisi degli affari di Scillieri arriveranno alla Lombardia Film Commission. Ma tutte queste scoperte, costate mesi di lavoro, vengono realizzate facendo indagini che secondo la circolare ministeriale non potevano neanche iniziare.
Il 26 luglio, quando finalmente viene iscritto Scillieri come indagato e il fascicolo passa a modello 21, il reato che viene ipotizzato è un reato per cui serve la querela di parte, che non è mai stata presentata. E infatti viene poi archiviato. Ma ormai la breccia nel muro della Lega è aperta.
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