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L'incognita referendum sulle toghe che frenano la riforma della giustizia

Il 15 febbraio la Consulta si esprimerà sui 6 quesiti. Si potrebbe votare già in primavera

L'incognita referendum sulle toghe che frenano la riforma della giustizia

C'è la spada di Damocle dei referendum sulle riforme della giustizia. Il 15 febbraio la Corte costituzionale si pronuncerà sui 6 quesiti promossi da Radicali, Lega e 9 Consigli regionali di centrodestra. Hanno già avuto l'ok della Cassazione, con quelli su eutanasia e cannabis e se la Consulta dichiarerà l'ammissibilità si potrebbe andare alle urne in primavera.

In questo caso i cittadini si pronuncerebbero prima dei loro rappresentanti politici, rivoluzionando il sistema giudiziario ben più della riforma Cartabia, ferma da mesi a Palazzo Chigi. Dopo il pesante richiamo di Sergio Mattarella, nel discorso d'insediamento a Montecitorio, alle profonde riforme da fare presto e bene, si prepara un'accelerazione e il premier Mario Draghi ha incontrato la Guardasigilli appena chiuso il capitolo Quirinale. Ma il ritardo si è accumulato soprattutto per le forti resistenze della magistratura.

L'urgenza, in particolare della riforma del Csm e del suo sistema elettorale per arginare lo strapotere delle correnti, è dovuta al fatto che a luglio scade l'attuale organo di autogoverno, pesantemente coinvolto nello scandalo Palamara. Sarebbe clamoroso se il nuovo Csm fosse eletto con le vecchie regole elettorali, senza che in questi anni si sia riusciti a far nulla per correggere le gravi storture che hanno permesso questo uso improprio del Consiglio. E Mattarella, che del Csm è presidente, l'ha detto chiaramente più volte.

Per non parlare della necessità di correttivi all'ordinamento giudiziario per restituire credibilità ed efficienza e riguadagnare la fiducia perduta dei cittadini, come ha sottolineato il Capo dello Stato.

I referendum sulla giustizia sono stati sottoscritti da ministri e governatori della Lega ma tutto il centrodestra li appoggia, da Silvio Berlusconi a Giorgia Meloni, anche se su un paio di quesiti c'è qualche differenza. Matteo Salvini ha sottolineato che sui referendum «un centrodestra moderato deve avere una posizione comune». Anche il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, in questa battaglia è schierato con il centrodestra e il fronte garantista potrebbe allargarsi.

I quesiti riguardano l'elezione dei togati del Csm, la responsabilità civile e le valutazioni sulla professionalità dei magistrati, la separazione delle carriere tra giudici e pm, la carcerazione preventiva e la legge Severino. Tutti temi delicati, sui quali le forze politiche faticano a trovare un accordo, anche per le forti resistenze nel Csm e nell'Anm.

Proprio oggi si riunisce il Comitato direttivo centrale del sindacato delle toghe per valutare l'esito del referendum consultivo sulla riforma della legge elettorale del Csm. Il 27 e 28 gennaio la maggioranza dei magistrati (3.189) ha bocciato il sistema maggioritario per l'elezione dei togati, previsto con dei correttivi dalla riforma Cartabia, solo 745 toghe hanno detto sì. E i più sono contrari anche al sorteggio dei candidati: 2.470 no e 1.787 sì.

Sul referendum interno dell'Anm è critico Gian Domenico Caiazza, presidente delle Camere penali. «Le riforme ordinamentali - dice -le fanno il governo e il parlamento, non i magistrati».

Poi plaude a Mattarella che, per la prima volta nel suo discorso, ha nominato l'avvocatura, con la magistratura, per realizzare le riforme e chiede una consultazione perché il progetto è «totalmente insufficiente» e non basta cambiare il sistema elettorale del Csm.

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