Coronavirus

L'incoscienza degli sci-muniti

Dev'esserci qualcosa di indecifrabile nell'appello drammatico fatto da medici e politici.

L'incoscienza degli sci-muniti

Dev'esserci qualcosa di indecifrabile nell'appello drammatico fatto da medici e politici. «State a casa», hanno scritto venerdì i tecnici del Cts nel loro rapporto settimanale. Stare a casa «per ridurre le interazioni», perché «la fase è critica» e «siamo prossimi a una soglia di rottura». «State a casa», hanno ripetuto il presidente del Consiglio e il ministro della Salute. Al netto di dannosi isterismi, la situazione dovrebbe ormai apparire seria anche al più caparbio tra i riduzionisti. Le prossime ore porteranno in dote un nuovo decreto e l'ennesima stretta alle libertà individuali, eppure - o forse proprio per questo - duemila persone non hanno resistito alla tentazione di una prima discesa sulle nevi di Cervinia, avamposto dello sci-alpinismo, apripista della stagione che ufficialmente - e salvo malaugurati lockdown - inizierà solo a fine novembre. Quanto stridono le immagini che vedete in questa pagina con l'urgenza di evitare le «attività non essenziali». Chiariamo: lo sci è un'economia che vale il 10% del pil turistico italiano e occupa 4 milioni di persone. È un'industria che va tutelata, e gli operatori del settore hanno investito per garantirne la ripresa e il rispetto dei protocolli di sicurezza. Ma a Cervinia qualcosa non ha funzionato, se è vero che i duemila aspiranti discesisti si sono accalcati a ritirare il «pass» prenotato on line (ha senso un'operazione on line se richiede di passare a uno sportello?), e si sono poi stretti nelle funivie, in una regione che proprio due giorni fa ha toccato il picco dei mille contagiati. Il tema non è demonizzare il popolo degli «sci-muniti», come prima è toccato a quello della movida e prima ancora ai runner, perché la bilancia delle responsabilità pende senza incertezze dalla parte della politica. Ma questa corsa alla prima vetta della stagione fa un torto all'applicazione con cui gli italiani stanno affrontando l'emergenza, sbatte con il senso generale del momento, e ricorda i weekend di marzo, gli ultimi prima della chiusura totale, quando diversi focolai nacquero proprio sulle piste piene di sciatori. Oppure facciamo finta che l'appello a «stare a casa» non sia rivolto a noi.

E che tutto è «non essenziale», tranne quello a cui non sappiamo rinunciare.

Commenti