La linea per difendere i confini: identificazione e richiesta di asilo a bordo delle imbarcazioni

La linea per difendere i confini: identificazione e richiesta di asilo a bordo delle imbarcazioni

Il braccio di ferro del governo con le Ong del mare ha poche vie d'uscita. Alla fine potrebbero averla vinta i talebani dell'accoglienza grazie all'Europa, che inneggia ai diritti dei migranti, ma alla prova dei fatti è latitante o quasi. E agli alleati di sempre, che stanno già scendendo in campo dalla sinistra pro migranti con lo scodazzo di magistrati progressisti, il garante dei detenuti e pure il presidente della Croce rossa. O forse no: i ministro dell'Interno, della Difesa e delle Infrastrutture hanno firmato un provvedimento che permette il soccorro a chi ha bisogno a bordo del navi delle Ong, ma poi devono andarsene dalla acque territoriali. «Stasera abbiamo formalizzato un provvedimento interministeriale che è una prima presa di posizione della nave delle ong, Humanity 1 che ha forzato entrando in acque territoriali italiane, dirigendosi verso Catania, senza ottemperare a quelle che erano state le nostre richieste (chi sono le persone a bordo, dove sono state in salvo e quali fossero le oggettive condizioni). Le risposte avute non sono state all'altezza delle nostre aspettative». Lo ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri. «A Humanity 1 che sta entrando nelle acque italiane davanti a Catania sarà imposto di fermarsi in rada e potrà permanere in acque italiane solo il tempo necessario per consentirci di vedere tutte le eventuali emergenze di carattere sanitario. Ci faremo carico delle persone che hanno bisogno, come le donne incinte o i bambini» ha precisato Piantedosi. La nave di Sos Humanity ha sostenuto che era scoppiata una rivolta a bordo.

I margini di manovra del nuovo esecutivo sono limitati. Il Viminale, di concerto con il ministero degli Esteri, sta puntando sullo stato di bandiera. «Le navi delle Ong non soccorrono persone in mare per caso - spiega una fonte del Giornale che si occupa della crisi - È un impegno sistematico e lo stato di bandiera deve assumersene la responsabilità». Delle quattro navi con 1.080 migranti a bordo che «assediano» l'Italia per farli sbarcare da noi, due battono bandiera tedesca (Humanity 1 e Rise Above) e le altre quella norvegese (Ocean Viking e Geo Barents).

Piantedosi è convinto «che sia un problema che vada condiviso con i Paesi di bandiera. In ossequio ai principi di diritto internazionale, quando si sale a bordo di una nave in acque internazionale è come se si fosse saliti su un'isola sotto l'egida territoriale di quel Paese. E questo dovrebbe far radicare gli obblighi di assistenza».

Il tentativo governativo è che i migranti avanzino a bordo la richiesta di asilo, ovvero su una nave che è per norma internazionale territorio tedesco o norvegese nel caso delle Ong del mare coinvolte nel braccio di ferro. «In questa maniera scatterebbe il trattato di Dublino con la responsabilità della Germania e della Norvegia» spiega chi gestisce la crisi. Le Ong stanno forzando la mano, come hanno sempre fatto in passato. Rise Above si è già avvicinata a Siracusa a causa delle condizioni in peggioramento del mare. Le altre Ong usano il solito copione delle storie lacrimevoli a bordo e della situazione insostenibile a lungo termine. «È chiaro che prima o dopo quando scarseggeranno viveri e combustibili dichiareranno lo stato di emergenza chiedendo di entrare in porto» spiega la fonte del Giornale. Difficile opporsi, ma «una volta al riparo e riforniti si potrebbe continuare a non fare sbarcare i migranti, che se chiedessero asilo a bordo rientrerebbero sotto responsabilità tedesca o norvegese». Con il nuovo provvedimento non posso sostare in rada più del tempo necessario per il soccorso.

Una strada mai percorsa in precedenza, che le Ong tenteranno di far saltare con i soliti esposti alla magistratura.

Non è un caso che i magistrati di Area democratica per la giustizia abbiano subito preso posizione: «Negando l'assegnazione di un porto sicuro si impedisce il soccorso in mare di persone in stato di necessità e a rischio di morte». E anche Mauro Palma, il garante dei detenuti, ha sentenziato nelle ultime ore che «i diritti fondamentali delle persone prevalgano sulle controversie tra Stati».

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