L'inflazione si è "divorata" parte dei benefici Irpef. È l'effetto del "fiscal drag"

I calcoli dei tecnici dell'Ufficio di Bilancio: "È tutta colpa della fiammata dei prezzi"

L'inflazione si è "divorata" parte dei benefici Irpef. È l'effetto del "fiscal drag"
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L'ultimo mantra della sinistra si chiama fiscal drag, il calcolo combinato di quanto l'aumento in busta paga sia stato quasi prosciugato dall'abbassamento del potere d'acquisto legato all'impennata dell'inflazione dei mesi scorsi. Il calcolo statistico dei tecnici dell'Ufficio parlamentare di Bilancio recita: c'è stato un maggiore prelievo fiscale quantificabile in 370 milioni, il 13% in più dal 2022. Questo perché il calcolo della pressione fiscale e l'incidenza delle tax expenditures (dedazioni e detrazioni) è così complesso e arcigno da trasformare un beneficio oggettivo in un introito fiscale.

Dalla riforma dell'Irpef rispetto al 2022 e dal disboscamento della platea di detrazioni e bonus i più penalizzati sarebbero i lavoratori dipendenti. Era successa una cosa del genere con il bonus Renzi. Gli 80 euro in più in qualche caso facevano scattare l'aliquota superiore, il cui prelievo fiscale era maggiore del beneficio. Stavolta è colpa dell'inflazione, mai così alta rispetto a qualche anno fa, che ha trainato in su i redditi lordi lasciandone buona parte al fisco.

L'effetto collaterale secondo la simulazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio è che aver dato stabilità al sistema con il taglio organico il sistema è diventato «più progressivo e dunque più esposto al drenaggio fiscale, amplificando l'impatto di eventuali pressioni inflazionistiche».

Per aggirare oscillazioni troppo brusche bisognerebbe indicizzare gli aumenti e così sterilizzare questo drenaggio di risorse, dal netto al lordo, per evitare di «erodere anche i benefici che si intendevano apportare con le misure di sostegno al reddito», dicono i tecnici Upb. La Cisl chiede di ripristinare «un meccanismo automatico di riallocazione delle risorse», come succedeva qualche anno fa. Secondo le stime Upb il maggiore prelievo per l'insieme degli operai passa da 800 a 942 milioni; quello per gli impiegati è ancora più marcato, aumentando da 989 a 1.205 milioni. Particolarmente significativo è l'impatto in termini di incidenza sull'imposta pagata: la variazione percentuale dell'imposta dovuta al drenaggio fiscale passa dal 3,2 al 5,5% per gli operai e dall'1,7 al 2,3% per gli impiegati. Da qui l'auspicio della presidente dell'Ufficio parlamentare di Bilancio Lilia Cavallari: «L'assetto definitivo dell'Irpef dovrà riflettere una maggiore equità orizzontale». Il che vuol dire potenziare la leva del welfare per i redditi bassi (magari defiscalizzando alcuni bonus, togliendoli dal computo del lordo) e nel frattempo insistere con «la riduzione dell'evasione fiscale». «È proprio il ceto medio che sta subendo maggiormente le politiche fiscali del governo», tuona il senatore Avs Tino Magni.

«Il fiscal drag penalizza fiscalmente anche chi ottiene adeguamenti contrattuali», sottolinea Marco Croatti (M5s). «Il Pil cresciuto è frutto soprattutto delle maggiori entrate Irpef», ribadisce la senatrice Pd Cristina Tajani.

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