
Una prima volta destinata a fare scuola, ma anche a fare inevitabilmente discutere. Perché al carcere minorile "Beccaria" di Milano, non ci sarà più solo il tradizionale cappellano cattolico, ma anche un imam per amministrare la fede islamica. Un protocollo di "assistenza morale e spirituale" varato con tutti i crismi da Tribunale e Procura per i Minorenni, Arcidiocesi di Milano e i rappresentanti del culto musulmano.
Un passaggio dovuto e probabilmente inevitabile, visti i numeri che forse avrebbero bisogno di una più energica riflessione. Perché solo l'anno scorso, nell'istituto di pena riservato ai giovanissimi, sono passati 297 ragazzi e di questi ben 227 erano stranieri (il 78 per cento). E, di questi, l'87 per cento proveniva da Paesi di cultura islamica.
Cifre che dovrebbero far capire che cosa stia succedendo fuori da quelle mura e convincere finalmente ad affrontare la piaga della microcriminalità giovanile di origine extracomunitaria che è destinata a diventare la vera emergenza del nostro futuro più prossimo.
Ma, tornando al Beccaria e all'ingresso dell'imam, l'iniziativa non può che essere accolta con grande favore. Perché, come nelle sue intenzioni, non può che essere auspicabile l'arrivo di una guida spirituale che offra "assistenza morale e spirituale" a giovanissimi che dopo aver imboccato la via sbagliata, vanno ricondotti sulla retta. E una simile iniziativa non poteva che partire da Milano dove, come dice il vicario episcopale monsignor Luca Bressan, "il dialogo realizza l'umanesimo ambrosiano". E questo è ancor più possibile se, a differenza di quello che succede nelle troppo moschee abusive e nei centri islamici fuori controllo, è persona sulle cui prediche e soprattutto intenzioni è possibile esercitare una vigilanza. Tanto che a indicare l'imam Dahmane Abdullah Tchina, è stato addirittura l'arcivescovo Mario Delpini.
Perché il lato oscuro della luna sono, anche in questo caso così edificante, i pericolosi precedenti di radicalizzazione islamica avvenuti nelle carceri. Un fenomeno ben conosciuto in Francia, Paese che per ragioni storiche anticipa fenomeni destinati a investire in pochi anni anche noi. E, allora, ben venga l'imam al Beccaria, amministri il culto islamico e conduca i ragazzi sulla buona strada della fede, qualunque essa sia, perché nella fede albergano i precetti della morale. Si preghi il venerdì oltre alla messa della domenica, ma si spieghi bene che quelle donne burquate e chiuse domenica in un recinto davanti alla Stazione Centrale, mentre gli uomini si autoflagellavano nel rito dell'Ashura, non è religione, ma fanatismo e buio della ragione.
E magari si raccomandi ai cappellani cattolici di non diluire il Cristianesimo in brodino senza sapore e sapere, perché soprattutto tra i ragazzi una religione dai valori forti e magari estremi, rischia di esercitare un fascino molto maggiore.