L'insospettabile Boschi con gli aspiranti leader Emiliano, Orfini e Rossi

Nel partito si è diffusa la convinzione che il segretario non sia più invincibile E in molti iniziano ad affilare le armi

L'insospettabile Boschi con gli aspiranti leader Emiliano, Orfini e Rossi

Un pugliese, un toscano, un ligure, un romano, e poi -come nella nota pubblicità - un lucano: la lista degli aspiranti leader del Pd si allunga ogni giorno.

Sono gli stessi che nel 2013 hanno assistito attoniti e terrorizzati alla manovra di sfondamento del giovane fiorentino, che ha, in pochi mesi e senza padrini, sbaragliato un intero sistema di potere a sinistra. Renzi ha aperto la strada, e ora ne possono raccogliere i frutti. E Renzi, pensano in molti, non è più invincibile. Per prepararsi c'è tempo, le prossime primarie saranno nel 2017. E i meglio piazzati stanno già studiando.

Ieri, sulle colonne del Corriere della Sera , si è manifestata una new entry: il governatore della Toscana Enrico Rossi . Ex Pci a tutto tondo, già arcinemico del sindaco di Firenze con il quale poi ha trovato una intesa: non a caso Renzi ha sponsorizzato la sua ricandidatura, fino a chiudere la campagna elettorale al suo fianco. Rossi è molto di sinistra, ha in mente un Pd saldamente ancorato alla socialdemocrazia classica, ma è anche un difensore delle riforme renziane (da quella costituzionale al taglio delle tasse) e un durissimo critico della rissosa minoranza Pd e dei suoi leader, cui chiede di rassegnarsi alla pensione: «D'Alema e Bersani hanno già fatto ed esaurito il loro ciclo politico: non c'è e non deve esserci una seconda chance». E intanto, sulle orme dell'altro toscano, studia il salto da amministratore locale a politico nazionale.

Salto sognato anche da un altro governatore, il pugliese Michele Emiliano. Personaggio dal carattere e dal percorso molto diverso: ex pm, venne scelto da D'Alema per governare Bari. Forte di una brillante vittoria alle Regionali, tesse una tela che mette insieme il populismo meridionale e il grillismo benecomunista. Crede nel dialogo con i Cinque Stelle, che tenta di coinvolgere nel suo governo, e coi movimenti no-questo e no-quello. E anche se venerdì in direzione ha offerto amore eterno a Renzi («devi fidarti di noi»), è pronto ad aprire fronti di scontro con il governo: ha già iniziato col no alle ispezioni petrolifere nel «suo» mare.

Studia da leader anche Matteo Orfini , il presidente Pd che - provenendo dalla sinistra dalemiana - è stato il primo ad allearsi con Renzi. Muove con perizia la sua corrente dei «giovani turchi» verso la meticolosa occupazione di tutte le caselle disponibili (ultimo il Cda Rai, dove ha piazzato la sua collaboratrice Rita Borioni). E molti renziani oggi dicono che sia stato un errore del premier quello di investirlo come commissario a Roma, dove ha commissariato il sindaco Marino, impedendo a Renzi di abbatterlo, e dove «ora non toccheremo più palla». E dove Orfini ha anche tolto terreno all'eterna promessa Nicola Zingaretti , spesso indicato come possibile anti-Renzi della sinistra.

Viene dai «giovani turchi», ma fa gioco a sé, anche il ligure Andrea Orlando . Si è caricato sulle spalle un ministero difficile come quello della Giustizia, e sta facendo bene il suo lavoro. Leale con il premier, lo punzecchia ogni tanto da sinistra e intanto, da ministro, lavora sott'acqua per ampliare la propria rete di relazioni, in Italia e all'estero. Poi c'è il lucano Roberto Speranza , più volte indicato da bersaniani e dalemiani come possibile candidato leader. Ma l'ex capogruppo si è legato mani e piedi ai kamikaze della minoranza che il Pd, più che riconquistarlo, ormai mirano a farlo saltare per ricreare una sinistra tutta loro.

E infine c'è la più insospettabile, Maria Elena Boschi . La ministra è la vera numero due del governo, ha grande influenza e un rapporto di assoluta lealtà con Renzi. Ma sta dimostrando doti insospettate da politica, e non è detto che voglia restare per sempre il numero due.

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