L'inutile neologismo "operaicidio"

Non abbandoneremo mai la speranza di chiudere un anno senza dover contare quante morti bianche si sono verificate nel nostro Paese

L'inutile neologismo "operaicidio"
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Lo scriviamo subito, prima che un qualche "Landini" della situazione ci salti al collo dandoci dei turbo capitalisti o, peggio ancora, dei servi del padrone. Non siamo né l'uno né l'altro. I morti sul lavoro per noi sono un problema serio, al pari di qualsiasi altra morte. E poco importa se sappiamo che questo dramma non potrà mai essere debellato del tutto - perché, diciamocelo, gli incidenti capitano anche se non vorremmo che capitassero - in cuor nostro non abbandoneremo mai la speranza di chiudere un anno senza dover contare quante morti bianche si sono verificate nel nostro Paese. Per arrivare a sfiorare questo utopico traguardo, siamo convinti che ognuno debba fare la propria parte. Senza però cadere nella demagogia. E giocare con le parole, tanto per fare un esempio, non ci sembra il modo migliore per affrontare questa piaga.

La pensa evidentemente in modo diverso la maggioranza dall'assemblea della Fillea Cgil Sicilia che ieri ha approvato una mozione in cui si impegna ad usare il termine "operaicidio" ogni volta che dovesse esserci un incidente mortale sul lavoro.

Dicono che vogliono "contribuire a modificare la narrazione" pur sapendo che questo non servirà a cambiare le cose.

E, quindi, ci chiediamo: a cosa potrà mai servire un neologismo in questa difficile battaglia che lavoratori, datori di lavoro, istituzioni e sindacati devono combattere fianco a fianco se non a politicizzare il dibattito? Valgono, forse, gli operai più di altri lavoratori? Perché, per carità, parlare di "operaicidio" fa tanto proletariato e lotta al capitalismo ma poi a conti fatti, domani, non ne resterà che un titolo sui giornali per quello che è: una inutile boutade e niente più.

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