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Le liquidazioni degli statali una bomba da 14 miliardi

La Consulta all'Inps: "Basta con il differimento del trattamento di fine servizio. Pagate subito"

Le liquidazioni degli statali una bomba da 14 miliardi

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Una bomba sull'Inps che potrebbe arrivare fino a 14 miliardi di euro di spesa aggiuntiva nel 2023. Tanto potrebbe pesare secondo stime dello stesso istituto di previdenza, con potenziali riflessi sui conti pubblici, la sentenza della Corte Costituzionale sull'incostituzionalità del differimento del pagamento dei trattamenti di fine servizio (Tfs) spettanti ai dipendenti pubblici che vanno in pensione per raggiunti limiti di età o di servizio. Al momento, infatti, con l'obiettivo di non gravare eccessivamente la cassa dell'istituto previdenziale è in vigore il differimento di un anno per il pagamento del Tfs per le pensioni di vecchiaia e due per quelle anticipate. In alcuni casi, per particolari forme di anticipo come quota 100, si arriva anche a sette anni.

Ebbene, per la consulta differire il pagamento della liquidazione contrasta «con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell'ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione». A tal proposito, quindi, la Corte ha rivolto un pressante invito al Parlamento a rimuovere gradualmente il differimento. La sentenza, con la parola «graduale», offre uno spiraglio per evitare pesi eccessivi sulle casse statali: «Spetta al legislatore, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell'ambito della precedente programmazione economico-finanziaria». Insomma, superamento sì, ma con la licenza di guardare anche alla sostenibilità.

Di certo c'è che ad attendere questa sentenza c'era una platea di milioni di dipendenti pubblici. Ma che cosa è il Tfs? A differenza dei privati, che hanno il solo Tfr, i dipendenti pubblici hanno anche un trattamento di fine servizio (appunto, il Tfs) che ha delle varianti in base all'amministrazione in cui si è prestato servizio. Fatte salve le tante eccezioni che si possono trovare nei meandri del pubblico impiego, il Tfs interessa tutti i dipendenti pubblici assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000. A chi è stato assunto dopo, invece, viene riconosciuto il solo Tfr.

Questa somma, dunque, è soggetta non solo al differimento ma anche a rateazione: il pagamento avviene in unica soluzione fino a un ammontare complessivo lordo di 50mila euro, in due rate annuali tra 50 e 100mila euro e in tre rate annuali oltre i 100mila. Anche questo meccanismo è stato contestato dai giudici in quanto la sua presenza in accoppiata con il differimento contribuisce ad «aggravare il rilevato vulnus».

Ora, quindi, il governo dovrà mettere mano alla normativa, con una «discrezionalità» non «temporalmente illimitata». Anche perché non sarebbe «tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa» tenuto conto che la Corte «aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame».

Esultano per la notizia i sindacati: «La Cisl accoglie con soddisfazione la sentenza della Corte Costituzionale», ha commentato il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, «la Corte invita il Parlamento a rimuovere gradualmente il vincolo dando così risposta alle migliaia di lavoratori e lavoratrici che da anni aspettano la liquidazione del proprio trattamento di fine servizio».

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