
C'è la Salis di lotta e la Salis da poltrona, quella dei post a pugno chiuso tra Leonka e Quarto Stato, e quella accomodata sugli agi da eurodeputata, dodicimila euro al mese e soprattutto l'immunità parlamentare: il privilegio che ieri la mette al riparo dalle manette che la attendevano in Ungheria. Di fatto, la seconda Ilaria salva la prima: l'Ilaria in tailleur che tra Bruxelles e a Strasburgo si è ambientata in fretta, ha stretto amicizie anche tra quelli che fino al giorno dell'arresto insultava in corteo, democristiani e socialisti, tutti traditori del popolo. E che ieri tornano utili, anzi decisivi, per togliere dai guai l'Ilaria di prima, quella con la kefiah, la ragazza dei centri sociali, delle occupazioni, dei cortei antagonisti. A volte pacifici, a volte meno.
Gli ungheresi ("che non sono mica scemi", specifica un membro italiano della commissione Juri) sapevano che poteva finire così, forse se lo aspettavano, perché avevano colto bene le manovre nei corridoi di Bruxelles per salvare l'italiana e fare uno sgarbo a loro. La reazione è ugualmente aspra, "È incomprensibile e scandaloso - scrive a botta calda il portavoce di Orbàn, Zoltan Kovacs - che l'Eurocamera legittimi il terrorismo di estrema sinistra. Salis e i suoi si sono recati in Ungheria con l'obiettivo premeditato di picchiare a caso la gente per strada, per convinzione politica. Non è una questione politica, ma di terrorismo". E, nel caso il concetto non fosse abbastanza chiaro: "I compagni di Bruxelles stanno facendo di tutto per farla sfuggire alle sue responsabilità. Giustificano un criminale, danno rifugio a un terrorista. Non dimenticheremo e non ci arrenderemo".
Reazione prevedibile, anche se il salvataggio non è giunto inatteso. A Budapest avevano letto la relazione che dava ragione a loro, il testo con cui il popolare spagnolo Lazara cercava di ricordare alla commissione che l'immunità non serve per proteggere i deputati dalle malefatte combinate quando deputati non erano affatto. E avevano seguito anche le mosse e le dichiarazioni della Salis nuova versione, quella che in questi giorni ha bussato a mille porte, ha fatto vedere i lucciconi, ha evocato le sofferenze patite nelle celle di Budapest, le immagini - oggettivamente scioccanti - di lei trascinata in aula con le catene ai polsi, "non vorrete mica rivedermi così?", "io perseguitata dal regime di Orbán. E avevano visto da vicino come, insieme al buon cuore dei colleghi, la Salis si appellasse a valori per lei inediti: l'amore per lo Stato di diritto, per le istituzioni, persino per la giustizia borghese. Il trionfo di questa nuova Ilaria è l'intervista che in zona Cesarini, a ridosso del voto della commissione, rilascia lunedì sera a Aldo Cazzullo del Corriere, in cui trasuda ossequio per lo Stato cui la vecchia Ilaria (e parliamo di due anni fa, mica una vita) voleva dare l'assalto.
La trovata che lancia è quella di farsi processare in Italia invece che in Ungheria, "non voglio sottrarmi al processo, ma fatemelo in Italia", dice che "in certi casi è possibile", ammette che finora nessun magistrato italiano ha dato segno di volerla processare, "ma adesso è il momento di agire". E poi: "l'Italia è un paese civile, dove vige lo Stato di diritto, dove accuse e prove possono essere valutate in modo equo con tutte le garanzie democratiche". Chissà cosa ne direbbe la vecchia Ilaria.