
L'ora della vendetta, vera o presunta, è arrivata. Ma potrebbe trattarsi di una rappresaglia in qualche modo concordata. L'attacco missilistico, lanciato ieri sera da Teheran, sarebbe infatti stato preannunciato al Qatar, come confermato in serata dallo stesso Trump. E questo avrebbe permesso agli americani di evacuare la base situata sul territorio di Doha e abbattere i missili partiti dalla Repubblica Islamica. Così del resto andò nel gennaio 2020 quando - dopo l'assassinio per mano americana di Qasem Soleimani, potente capo della Brigata Al Quds dei pasdaran, l'Iran comunico agli Usa l'intenzione di colpire con decine di missili una loro base in territorio iracheno. Quella volta insomma una "telefonata" bastò a chiudere la partita. Questa volta, però, il rischio di un conflitto incontenibile è decisamente più serio.
La rappresaglia iraniana, vera o "presunta" fa capire che la Repubblica Islamica è pronta a rinunciare all'illusione di evitare lo scontro diretto con l'America di Trump. E sceglie di colpire almeno simbolicamente il bersaglio grosso. Almeno dieci testate, partite dal territorio della Repubblica Islamica, hanno fatto rotta su Al Udeid la più grande base americana in Medioriente forte di circa diecimila soldati americani e di quasi un centinaio di aerei da combattimento fra droni, F15, F16 ed aerei cisterna. "Le difese aeree del Qatar hanno sventato l'attacco e intercettato con successo i missili iraniani", ha scritto su X il ministero degli Esteri qatarino, Majed Al Ansari, annunciando "la ferma condanna dello Stato del Qatar per l'attacco alla base aerea di Al Udeid da parte del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane". La base, ha spiegato Al Ansari, "era stata evacuata in precedenza in conformità con le misure di sicurezza e precauzionali approvate". Quasi contemporaneamente altri missili hanno preso di mira Al Asad la base irachena che ospita 2.500 militari di Washington. "È stato lo stesso del numero di bombe che gli Stati Uniti avevano impiegato nell'attacco alle strutture nucleari iraniane", spiegano da Teheran con l'ulteriore minaccia: "Nessun attacco resterà senza risposta".
Nelle stesse ore la tv di stato della Repubblica Islamica annunciava l'inizio dell'operazione "Buona novella di vittoria". La risposta era stata annunciata dal capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, Abdolrahim Mousavi pronto già ieri mattina a promettere "azioni decise" in risposta agli attacchi ai siti nucleari. "Questo crimine e questa profanazione non rimarranno senza risposta - aveva detto Mousavi - Intraprenderemo azioni decise contro l'errore americano".
Nonostante l'attacco sia stato preannunciato, come ripetono anche fonti citate dal New York Times, in Medioriente sembra prendere forma il peggiore degli scenari ovvero uno scontro a tutto campo tra Israele e Stati Uniti da una parte e l'Iran e i suoi alleati presenti in Irak, Yemen, Siria e Libano. Un conflitto che alla lunga rischia di coinvolgere anche le nazioni arabe sunnite in cui si trovano le diciannove basi americane. Mentre i venti di guerra spazzavano l'intero Medio Oriente Donald Trump e i vertici dell'intelligence e dell'esercito Usa si riunivano nella Situation Room per cercare di definire l'esatta dimensione della rappresaglia iraniana e mettere a punto una risposta. La minaccia peggiore è quella di un colpo al cuore degli Stati Uniti affidato a cellule dormienti o lupi solitari.
Secondo alcune fonti dell'amministrazione, l'intenzione di colpire direttamente gli Usa sarebbe stata formulata dagli stessi vertici della Repubblica Islamica e fatta arrivare - tramite un intermediario - al Presidente americano durante gli incontri del G7 in Canada. Quanto basta per far scattare l'allarme rosso. Anche perché stando ad alcune fonti dell'Amministrazione il primo colpo dei lupi solitari potrebbe arrivare nelle prossime 24 o 48 ore.