Cronache

L'Iran non perdona Trump. Un mandato di arresto per la morte di Soleimani

Teheran: 36 ordini di cattura per l'uccisione del generale, c'è pure il presidente americano

L'Iran non perdona Trump. Un mandato di arresto per la morte di Soleimani

Il 3 gennaio scorso il generale Qassem Soleimani stava lasciando l'aeroporto di Baghdad in auto quando è stato colpito da una raffica di missili lanciati da droni americani. Il comandante delle Forze speciali dei Pasdaran iraniani è stato colto di sorpresa e il blitz statunitense ha portato a segno il suo obiettivo. Con lui c'era il leader della milizia irachena Kataib Hezbollah, Abu Mahdi al-Muhandis, uno dei suoi più stretti alleati in Irak. L'azione è stata salutata come una vittoria dal presidente Usa Donald Trump. Ma nonostante siano passati mesi, l'Iran non sembra voler dimenticare quanto accaduto. La morte di Soleimani è una ferita ancora aperta.

Ieri la Repubblica islamica ha emesso mandati d'arresto per 36 cittadini di Stati Uniti e altri Paesi, incluso lo stesso Trump. L'accusa è quella di aver ordinato, preparato e attuato l'omicidio di Soleimani. «Teheran chiederà nei prossimi giorni all'Interpol di intervenire per l'arresto del capo della Casa Bianca», ha precisato il procuratore di Teheran, Alghasi Mehr. Il procuratore ha anche sottolineato che le accuse sono «di omicidio e terrorismo» e che il processo contro Trump andrà avanti anche dopo la fine del suo mandato. Soleimani era considerata la mente strategica della proiezione dell'Iran in tutto il Medio Oriente. Dal Libano all'Irak, alla Siria e allo Yemen attraverso le Forze al Quds dei Pasdaran.

Perciò la reazione dell'Iran non si è fermata solo a questo. Ha chiesto all'Interpol di emettere una «red notice», una allerta rossa, il livello più alto, per i ricercati sotto accusa. Questa prassi però non obbliga ad arrestare o a estradare i sospettati. L'inviato iraniano statunitense Brian Hook ha precisato che «l'organizzazione non interviene e pubblica comunicazioni rosse di natura politica». «Questa iniziativa è una trovata propagandistica che nessuno prende sul serio», ha affermato. Nel frattempo l'Iran si appresta a eseguire a breve la condanna a morte per una presunta «spia della Cia» coinvolta - secondo la Repubblica islamica - nell'omicidio di Soleimani.

Ma questo è solo l'apice della tensione tra Washington e Teheran. Nel 2019, infatti l'amministrazione Trump ha inserito i Pasdaran, nella lista delle organizzazioni terroristiche. E nel 2018 Trump ha deciso di ritirarsi dall'accordo sul nucleare iraniano siglato nel 2015. L'uccisione di Soleimani è arrivata dopo un periodo turbolento nelle relazioni tra le due potenze nello stretto di Hormuz e in Irak. E l'attacco contro Soleimani è stato attuato giorni dopo l'assalto dei manifestanti all'ambasciata americana a Baghdad. Il Pentagono sostenne infatti che dietro l'azione ci fosse proprio Soleimani. Subito dopo la morte del generale, Trump ha twittato un'immagine della bandiera americana e ha scritto: «Il generale Qassem Soleimani è il responsabile della morte di migliaia di americani. Stava progettando di ucciderne molti altri. Non glielo abbiamo permesso».

Ma Teheran non pare disposta a dimenticare l'affronto.

«L'Iran non fermerà i suoi sforzi finché i responsabili non saranno assicurati alla giustizia», ha dichiarato il vice ministro degli Esteri Mohsen Baharvand.

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