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Quella lista di dissidenti pronti a scaricare Conte

Una ventina di parlamentari alla Camera guidati dal capogruppo pentastellato Davide Crippa sarebbero pronti ad uscire dal Movimento e a votare la fiducia al premier

Quella lista di dissidenti pronti a scaricare Conte

Una scissione per dare un segnale chiaro al premier ed evitare che si dimetta. È il piano dell’ala governista del Movimento 5 Stelle, pronta a scaricare Giuseppe Conte e a confluire in un nuovo gruppo parlamentare. A capo dei frondisti, una ventina a Montecitorio e tre o quattro a Palazzo Madama, c’è il capogruppo alla Camera, Davide Crippa. Ma, secondo i bene informati, a benedire l’operazione è anche il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, in rotta di collisione con l’avvocato del popolo, e anche il Pd, che non condivide la sbandata contiana.

La "lista" dei dissidenti

Secondo le indiscrezioni che circolano in queste ore l’annuncio potrebbe arrivare già domani o al massimo mercoledì prima che Draghi vada in Senato, con un comunicato o un documento programmatico che sancisca il distacco. E soprattutto che faccia passare il messaggio che se i senatori malpancisti sono pochi, il gruppo di deputati che non credono più in Giuseppe Conte è molto più nutrito. I dissidenti, rivela una fonte del Giornale.it, non confluiranno nel gruppo di Di Maio, ma daranno vita ad una nuova formazione. Anche se i contiani accusano i governisti di fare il gioco del ministro degli Esteri.

La questione è emersa chiaramente durante la riunione dei capigruppo a Montecitorio dove è stato chiesto di votare la fiducia prima alla Camera, dove il gruppo governista è più ampio. Il tema è stato posto più o meno in questi termini: siccome il primo non voto del M5S sul Dl Aiuti è stato in quella sede, il presidente del Consiglio avrebbe dovuto iniziare le sue comunicazioni da lì. Crippa avrebbe accolto positivamente l’obiezione, facendo indispettire il leader grillino. Tecnicamente, si tratta di una deroga alla "regola della culla", una prassi istituzionale che prevede che in caso di crisi il premier riferisca nell’Aula che per prima ha votato la fiducia al suo esecutivo, nella fattispecie, quindi, al Senato.

L'affondo della Lega: "Giochini vergognosi"

L’eccezione sarebbe stata percorribile con l’accordo dei due presidenti, ma si mormora che Roberto Fico, fedele a Conte, si sia messo di traverso. L’operazione, quindi, è naufragata, ma non del tutto. Crippa in assemblea ha fatto appello ancora una volta alla responsabilità chiedendo di votare la fiducia, perché "all’opposizione si finisce solo per fare propaganda". Nelle prossime ore, quindi, è atteso il documento che cristallizzerebbe la nuova scissione, assicurando la fiducia al premier.

La Lega, con una nota congiunta dei capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, grida alla "farsa". "Ora Pd e M5S - dicono i parlamentari leghisti - chiedono a Draghi di comunicare prima alla Camera e poi al Senato solamente perché Conte è più debole alla Camera. Giochini vergognosi che vanno contro la prassi che vuole che le comunicazioni del Presidente del Consiglio siano fatte nella Camera di prima fiducia o dove si è generata la crisi. In entrambi i casi, quindi, al Senato. Gli italiani meritano rispetto, serietà e certezze".

Italia Viva: "È la fine del più grande partito populista italiano"

"La permanenza di Draghi al governo non dipende dagli equilibri e dai giochetti interni al Movimento 5 Stelle: non si può immaginare di convincere una persona come Draghi facendogli fare prima il passaggio alla Camera e poi qualunque cosa succeda va bene, ci dev’essere qualcosa di più profondo, questi sono tatticismi parlamentari a cui il premier non è sensibile", spiega al Giornale.it il deputato di Italia Viva, Marco Di Maio. "Noi – rimarca - chiediamo che si vada avanti con Draghi, il premier vuole chiarezza sulle cose da fare e sul metodo di lavoro, se questo si possa fare con un gruppo in più o in meno non è un problema di Draghi ma della maggioranza che lo sostiene".

Secondo il parlamentare renziano, però, la scissione che si profila all’orizzonte evidenzia un dato incontrovertibile: "È la fine del più grande partito populista italiano, il Movimento 5 Stelle come forza politica è finito e questa è la notizia migliore".

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