L'Italia è arretrata dell'1% nonostante euro e petrolio

Un'analisi dimostra che le riforme di Palazzo Chigi hanno rallentato il Paese, sprecando la fase favorevole legata a liquidità Bce e calo del greggio

L'Italia è arretrata dell'1% nonostante euro e petrolio

di Il vanto di Renzi, secondo cui con le sue riforme l'Italia sta riprendendo a crescere, è errato. Senza il sostegno del ribasso del prezzo del petrolio (dimezzato fra aprile 2014 e aprile 2015) e il ribasso del cambio dell'euro col dollaro sceso del 25%, il governo Renzi avrebbe generato in Italia una decrescita del Pil dello 1%. Insomma, senza quei due fattori endogeni le sue non riforme e le sue riforme sbagliate avrebbero generato uno nuova pesate recessione. La dimostrazione di ciò emerge da uno studio di Patrick Artus, capo dell'ufficio ricerche del gruppo bancario francese Natixis-Credit Agricole. Lo studio non è stato fatto per valutare il governo Renzi, ma per stimare gli effetti delle politiche monetarie della Bce e della discesa del prezzo nei quattro maggiori stati dell'euro. Germania, Francia Italia e Spagna. Il ribasso del petrolio, calcola Patrick Artus, ha generato una spinta positiva sulla domanda interna nei vari paesi dell'Eurozona in quanto ha aumentato il potere di acquisto dei consumatori, sia direttamente per i consumi energetici sia indirettamente per gli altri che incorporano quelli per l'energia.

Il beneficio è stato molto ampio, cioè lo 1,1% del Pil per la domanda dei consumatori spagnoli, essendo la Spagna povera di risorse energetiche. Invece per il consumatore tedesco che può contare su rilevanti risorse energetiche proprie il beneficio è stato di 0,5 del Pil. La domanda interna di consumo dell'Italia, che dipende in larga misura da petrolio e gas esteri ma beneficia anche di una propria importante industria di idrocarburi e dispone di energie alternative, ha avuto un beneficio di 0,8. La domanda di consumo della Francia, che dipende meno dal petrolio avendo una importante energia nucleare ha avuto un beneficio di 0,8 come l'Italia. La riduzione del cambio dell'euro, favorendo le esportazioni, ha generato una spinta particolarmente accentuata per la Spagna (+2,3%). Con l'euro a 1,30 sul dollaro la Spagna aveva maggiori problemi. Ne ha accompagnato il ribasso con la liberalizzazione dei contratti di lavoro, a livello sia nazionale che aziendale. Per la Germania, già competitiva col precedente cambio, il beneficio è stato dello 1% del Pil; per l'Italia dello 1,2 e per la Francia dello 1,8. Ma il deprezzamento dell'euro ha rincarato le importazioni, riducendo la domanda interna dello 0,60 per la Germania, dello 0,45 per la Francia, dello 0,60 per la Spagna e dello 0,45 per l'Italia.

Il beneficio netto dei due fattori esogeni, ribasso del petrolio e del cambio euro-dollaro, nel primo trimestre del 2015 rispetto del 2014 sono stati 0,70 del Pil per la Germania, 0,65 per la Francia, 1,2 per la Spagna ed 1,1 per l'Italia. Il tasso di crescita del Pil nel primo trimestre del 2015 in Germania sul primo del 2015 è stato dello 0,95; in Francia dello 0,62%, in Spagna del 2,66% e in Italia dello 0,08%. Detraendo da questi tassi di crescita, i benefici dovuti ai due fattori esogeni, l'ufficio studi di Credit Agricole trova che i fattori endogeni, dovuti alla politica economica della Germania hanno dato un contributo positivo alla sua crescita dello 0,25%. Per la Francia, la politica economica nazionale ha dato alla crescita del Pil un contributo di 0,03. Invece la politica economica spagnola, al netto dei fattori esogeni, ha dato un impulso alla crescita dello 1,5%.

Le dolenti note sono per l'Italia. La politica economica renziana ha dato alla crescita un contributo negativo dello 1%. Questo studio è obbiettivo, ben documentato e ben articolato.

Non è un lamento psicologico, quello che si desume dallo studio di Natixis, è un sentimento che emerge dai dati. Del resto i dati sulla disoccupazione, in Italia aumentata in un anno dello 1,7% e quelli negativi sul Mezzogiorno, la scarsa ripresa degli investimenti, in particolare nelle infrastrutture, lo confermano.

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