Roma Anche la Corte dei conti europea ci bacchetta. La nostra Pubblica Amministrazione finisce nel mirino dei giudici contabili perché non è molto solerte nello spendere i fondi a sua disposizione. Nelle casse della Ue ci sono ancora 22,3 miliardi di euro che attendono di essere spesi da noi. E che restano «inattivi» a causa dei ritardi accumulati dai nostri uffici regionali e ministeriali nella pianificazione e progettazione di opere finanziate appunto con questi fondi strutturali. A rilevare questa ennesima anomalia del «sistema Italia» sono i ricercatori dell'osservatorio della Cgia di Mestre. Un'anomalia che si porta dietro il più classico dei paradossi: da un lato la nostra amministrazione pubblica si «scorda» di utilizzare i soldi europei, dall'altro «dimentica» di pagare i suoi fornitori. E in questo caso l'allarme del centro studi della Cgia di Mestre diventa un bollettino periodico, per le tante volte che ha sollecitato una velocizzazione dei pagamenti della Pubblica Amministrazione. Al momento - spiegano alla Cgia - il debito ammonta a circa 57 miliardi, 30 dei quali ascrivibili a ritardi superiori ai tempi di pagamento stabiliti per contratto.
«Sia quando è chiamata a incassare i soldi da Bruxelles - spiega il coordinatore dell'ufficio studi Paolo Zabeo - sia quando deve saldare le fatture emesse dai propri fornitori la nostra PA accumula ritardi spaventosi che penalizzano soprattutto le piccole e medie imprese».
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