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L'Italia non va alla guerra ma presta agli Usa Sigonella

Gentiloni: "Se avremo richieste valuteremo". Il M5S all'attacco. Obama il duro: martelleremo per un mese

L'Italia non va alla guerra ma presta agli Usa Sigonella

L'Italia farà la sua parte in Libia. Anzi no. Una particina. Non darà soldati né jet ma metterà a disposizione probabilmente la base italiana di Sigonella per la partenza dei raid contro l'Isis a Sirte. «Valuteremo se ci saranno richieste», avverte il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che poi mette le mani avanti: «La cosa che gli italiani devono sapere è che si tratta di interventi mirati contro le posizioni dello Stato islamico intorno a Sirte e che il governo libico, o meglio le forze che lo sostengono, ha raggiunto diversi obiettivi pagando anche un prezzo molto alto». Una disponibilità che elettrizza il Movimento 5 Stelle. «Il governo non si azzardi a procedere senza convocare i parlamentari», affermano in coro parlamentari del M5S in Commissioni Esteri e Difesa. «Se prenderemo una decisione, ne daremo informazione al Parlamento», tranquillizza Gentiloni.

La cosa sembra fatta. Secondo le indiscrezioni gli accordi Italia-Usa su Sigonella sarebbero stati già firmati: dubbi invece sull'utilizzo anche dell'altra base siciliana di Birgi e su quella friulana di Aviano.

Nel frattempo il presidente Usa Barack Obama annuncia, dopo i primi bombardamenti di lunedì, un mese di martellamento costante per cancellare l'Isis da Sirte e dalla Libia. I raid Usa sono secondo Obama «necessari per impedire che il gruppo jihadista detti legge in Libia. Non possiamo permettere che il Califfato si rafforzi». A corroborare le parole dell'inquilino della Casa Bianca sono entrati in scena i cacciabombardieri AV-8B Harrier e gli elicotteri da attacco AH-1Z Super Cobra dell'aviazione a stelle e strisce. Ieri hanno scatenato l'inferno su Sirte, nel secondo giorno di raid concordati con il premier libico Al Serraj. Le incursioni hanno ottenuto anche la benedizione dell'Onu, ma sono state criticate dalla Russia così come dal parlamento di Tobruk.

Sette gli interventi aerei dei velivoli decollati dalla portaelicotteri da assalto anfibio USS Wasp che naviga, con a bordo 2mila marines, non lontano dalle coste libiche. Nel corso dell'assalto sono state annientate tutte le postazioni anti-aeree di Al Baghdadi. Gli Stati Uniti vogliono andare fino in fondo nella liberazione della città (che fu di Gheddafi) dal Califfato Islamico, e per queste ragioni Barack Obama ha autorizzato una missione a lungo termine. Anche il segretario alla Difesa Ash Carter ha ribadito l'intenzione di proseguire senza sosta, avvalendosi delle indicazioni della sala di comando gestita via terra dalle truppe dell'operazione «al Bunian al Marsous», letteralmente «edificio dalle fondamenta solide».

Negli scontri con i jihadisti hanno perso la vita 5 soldati governativi e 17 sono rimasti feriti. Fonti mediche hanno precisato che le vittime sono state colpite in combattimenti vicino ad alcuni hotel e al centro medico di Sirte. Nei bombardamenti sono stati distrutti un blindato e due depositi di armi. Ahmed Hadyah, uno dei comandanti dell'operazione militare ha spiegato che a Sirte ci sono ancora «circa 800 combattenti jihadisti, forse meno dopo gli attacchi aerei Usa. La nostra sala di comando continuerà nell'attività di individuazione di nuovi obiettivi, e a quel punto scatteranno altri raid Usa».

Almeno fino alla fine di agosto.

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