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L'Italia paga il tavolo e resta in piedi

Pare impossibile che il governo di uno dei soci fondatori dell'Ue non solo sia rimasto escluso da un'iniziativa diplomatica fondamentale, ma addirittura debba apprendere delle conclusioni della lunga trattativa negli stessi tempi di un qualunque abbonato Rai

L'Italia paga il tavolo e resta in piedi

«È un passo avanti molto importante, per quello che abbiamo letto è un ottimo risultato». Il primo commento di Renzi sull'intesa di Minsk fotografa lo stato della nostra politica estera: siamo ridotti a leggere quello che altri scrivono. Pare impossibile che il governo di uno dei soci fondatori dell'Unione europea non solo sia rimasto escluso da un'iniziativa diplomatica fondamentale anche per l'immediato futuro del Paese, ma addirittura debba apprendere delle conclusioni della lunga trattativa negli stessi tempi di un qualunque abbonato Rai, magari consultando un sito di news o le agenzie di stampa. Del resto è rimasta a casa anche l'italiana al momento più titolata per sedere al tavolo di Minsk, l'Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini. Proprio come Renzi, con assoluta nonchalance, l'ex ministro degli Esteri ha consegnato alle agenzie i suoi commenti a distanza, sufficientemente generici da renderne trasparente a chiunque l'ininfluenza. Singolare che la personalità che dovrebbe guidare la politica estera europea commenti il più importante vertice che abbia interessato l'Europa da quando è stata nominata con la seguente frase: «Si è aperto uno spiraglio, la Ue si impegni a consolidarlo». Ma come, non è lei che dovrebbe guidare questo sforzo? Escludendo che sia un'esortazione a se stessa, si direbbe un'altra plastica rappresentazione di un'ininfluenza della Mogherini sulla politica estera dell'Unione prossima all'estraneità. Discorso simile vale per le dichiarazioni rilasciate da Renzi a seguito della strage di immigrati in mare: «Dobbiamo risolvere il problema della Libia se si vuole evitare che il Mediterraneo diventi un cimitero».

Non si capisce a chi ci si rivolga se non a se stessi, visto che sarebbe l'Italia il Paese cui la comunità internazionale ha ufficialmente demandato il compito di occuparsi della questione libica. Sarebbe ingiusto rivendicare all'Italia un ruolo superiore al proprio peso specifico e, a meno di risalire a tempi davvero antichi, non si può certo dire che prima eravamo una grande potenza e ora solo una scartina sul tavolo da gioco delle cancellerie che contano davvero. Però raramente siamo stati così marginali su scenari che ci coinvolgono in modo diretto e costoso. Di fronte a quest'Europa così attenta al soldo il nostro governo avrebbe dovuto far valere il prezzo pagato dal nostro Paese. L'Italia ha staccato un assegno da 2,5 miliardi per sedere al tavolo di Minsk: a tanto ammonta il danno provocato alla nostra economia dalle sanzioni anti russe.

Se è davvero questa la strada giusta per risolvere la crisi ucraina, avremmo tutto il diritto di viaggiare a fianco di chi prende le decisioni, anziché fare l'autostop per Minsk.

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