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L'Italia prende d'aceto (balsamico)

A prendere d'aceto, per una delle ultimissime volte, è il governo Draghi

L'Italia prende d'aceto (balsamico)

A prendere d'aceto, per una delle ultimissime volte, è il governo Draghi. Che si è infuriato con la temibile Slovenia, proponendo una procedura di infrazione contro Lubiana per una certa sua norma tecnica nazionale, diligentemente comunicata alla Commissione europea, che rischia di mandare all'aria l'intero sistema delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche.

Che cosa ha pensato la piccola Slovenia? Di regolare la materia della produzione e della commercializzazione degli aceti in modo tale da trasformare la dicitura «aceto balsamico» in uno standard di prodotto, slegandolo totalmente dall'area geografica in cui è tradizionalmente prodotto (le province emiliane di Modena e Reggio Emilia) e dai rigidi criteri. Un po' come se la Bulgaria decidesse che un suo spumante si potesse chiamare Champagne: roba da provocare moti di protesta che Robespierre verrebbe derubricato a balordo di provincia e il maggio del 1968 a una baruffa tra ubriachi dopo una fiera di paese.

Naturalmente la norma tecnica slovena è totalmente in contrasto «con gli standard comunitari e con il principio di armonizzazione del diritto europeo». E l'attivazione della procedura di infrazione richiesta nell'ultimo consiglio dei ministri dal ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli rappresenta il minimo che l'Italia potesse fare per difendere quello che - parliamo dell'Aceto Balsamico di Modena Igp - rappresenta il quinto prodotto dell'agroalimentare italiano in termini di valore alla produzione: 400 milioni di euro nel 2021 che diventano un miliardo di euro quando si passa a considerare il valore al consumo. «Dopo mesi di attesa e preoccupazione, finalmente vediamo uno spiraglio di luce: dobbiamo solo attendere i tempi tecnici per lo svolgimento delle procedure interne che nell'arco dei prossimi mesi porteranno alla formalizzazione del ricorso», è il burocratico entusiasmo di Mariangela Grisoli, che del consorzio di tutela è la presidente. L'iter sarà seguito con una comprensibile trepidazione a Roma e a Modena: poco importa infatti che il nostro competitor sia il sesto più piccolo membro dell'Ue. La storia recente dimostra che quando si tratta di difendere il proprio copyright gastronomico l'Italia non conosca avversari materasso e sia in grado di perdere con chiunque.

Che poi magari sarebbe il caso che anche noi italiani imparassi una volta per tutte a distinguere tra l'Aceto Balsamico di Modena Igp e l'Aceto Tradizionale di Modena dop: il primo, prodotto su base industriale con un invecchiamento minimo di due mesi, si traova al supermercato anche per 3 o 4 euro al litro); il secondo, a base di solo mosto di uve da produttori certificati, si pregia di un affinamento di almeno 12 anni in botti piccole, e costa almeno 50 euro per una boccina da 100 ml.

Perché è facile prendere d'aceto, molto più facile che informarsi.

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