I l vertice di Bruxelles è «tosto», la discussione sulla politica economica «molto accesa», però «l'Italia è forte e non prende lezioni da nessuno» e l'Ue ha capito che «fa sul serio». Nelle risse Matteo Renzi dà il suo meglio, ma una cosa è piegare i governatori, un'altra trattare con Merkel e Katainen. Così, la grande battaglia sui conti pubblici, dopo duri scontri pubblici e proficui negoziati riservati, finisce con un compromesso: Roma correggerà dello 0,3% il deficit strutturale, cioè l'esatta via di mezzo tra lo 0,1 indicato nella Finanziaria e lo 0,5 che voleva la Ue. In soldoni, servono quattro miliardi, Palazzo Chigi dovrà dare fondo al tesoretto. Quanto alla richiesta di chiarimenti «entro 24 ore», la risposta di Padoan arriverà oggi o la prossima settimana. Renzi è soddisfatto: «La legge di Stabilità che riduce le tasse è andata, va bene anche in Europa».
I dettagli verranno curati dai tecnici nei prossimi giorni. E i dettagli talvolta contano, come spiega Josè Barroso: «Entro ottobre va verificato non tanto che la bozza di bilancio sia in ordine, ma se ci sia o meno una deviazione particolarmente grave dalle regole». Il giudizio finale toccherà alla nuova Commissione di Juncker. Restano le ruggini, la pubblicazione della lettera non ha aiutato. Al Quirinale ci si meraviglia, visto che nel 2011 con il Cavaliere la Ue non si preoccupò di mantenere il segreto. Pure Padoan è «stupito dello stupore» di Barroso, «la trasparenza serve per evitare speculazioni: qualcuno non vede la nostra strategia? Gliela spiegheremo».
Renzi non si preoccupa. Pubblicamente elogiato da Vladimir Putin - «mi ha fatto un'ottima impressione, è molto professionale» -, Matteo si dichiara contento. L'Italia è stata trattata come la Francia: stesso sconto sul deficit, stessa richiesta scritta di chiarimenti. «Abbiamo trovato un buon accordo che reggerà pure con Juncker, non ci sono stati particolari preoccupazioni o problemi. Il confronto, come al solito, è stato acceso e produttivo e in Europa si sono accorti che non stiamo scherzando. Rispettiamo tutti ma non ci fermiamo davanti a nessuno. Ora la prossima sfida, le riforme in Italia». E rimostra i bicipiti: «Il Paese ha una forza e un'autorevolezza fuori discussione. Ogni anno l'Italia dà 20 miliardi all'Europa e ne prende indietro una decina».
Nessuna marcia indietro. «L'Italia fa la sua parte, gli italiani devono sapere che noi facciamo le riforme perché è giusto». Se si tagliano le spese, è perché serve al Paese, «non perché ce lo chiedono» da Bruxelles. «In alcune riunioni in cui persino Adenauer e De Gasperi diventerebbero euroscettici per le complicazioni della burocrazia e della tecnocrazia». Insomma, l'Ue deve capire che «il mondo sta crescendo», che gli investimento negli Usa «hanno fatto svoltare l'economia». Perciò, «occhio, c'è il rischio che la burocrazia distrugga l'Europa».
Accenti simili quelli del capo dello Stato che si lamenta perché la Ue sembra aver perso i suoi nobili ideali. Le conquiste dei padri fondatori, spiega, oggi sono messe in ombra da una «nebulosa di burocrati» che impongono regole troppe severe, o «una strana creatura nata fuori di noi, un mostro che impone leggi inapplicabili e gravide di conseguenze per la nostra società». Invece di parlare pace e di progresso, a Bruxelles ci si «accapiglia tutti, competenti e non, sui problemi dello 0,1%» del pareggio di bilancio, «tutti a discutere di «trattati e Fiscal compact e nessuno che ricorda di quale grandiosa impresa sia stata l'Unione».
Ora però, sostiene Napolitano, serve una svolta: «Dopo anni di politiche restrittive e dinanzi a una disoccupazione dilagante, alla recessione che rischia di diventare stagnazione è giusto spostare l'attenzione europea verso la ripresa e lo sviluppo». Renzi ringrazia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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