Guerra in Ucraina

Il livello estremo del negazionismo

No, non ne siamo usciti migliori dal Covid. La giaculatoria che, con inspiegabile e fastidioso ottimismo, ci ripetevamo quotidianamente era solo una balla. Si è schiantata al suolo

Il livello estremo del negazionismo

No, non ne siamo usciti migliori dal Covid. La giaculatoria che, con inspiegabile e fastidioso ottimismo, ci ripetevamo quotidianamente era solo una balla. Si è schiantata al suolo. Ne siamo usciti peggiori: spaventati, impauriti, divisi sempre in tifoserie opposte, ossessionati dal complotto permanente, pronti a negare l'evidenza in nome di chissà quale macchinazione sconosciuta che si muove sopra le nostre teste, predisposti ad accettare la più illogica delle fake news piuttosto che la più banale, semplice - ma dura - delle verità. Perché davanti alla vertigine dell'abisso, dell'incomprensibile, del non prevedibile - che si tratti di una pandemia o di una guerra a pochi passi da casa nostra - è più facile aggrapparsi ai maniglioni antipanico dei vari complottismi che prendere atto della realtà. Meglio attaccarsi al salvagente di un pensiero debole che dà manforte ai debolissimi, uno dei tanti sul mercato. Altro che «grande reset», questa è la «grande semplificazione», che divide tutto in due e ammazza sfumature e dibattito. È più comodo e tranquillizzante pensare che sia tutto falso, che non esista quel maledetto virus che ha ammazzato centinaia di migliaia di persone e che non esistano nemmeno loro, i morti. Così come non esistono i cadaveri trovati due giorni fa a Bucha, un sobborgo di Kiev. Centinaia di corpi senza vita, freddati con un colpo alla testa, con le mani legate dietro la schiena, il volto esanime che sbuca da una fossa comune, dentro i sacchi neri gettati come immondizia nelle buche del terreno. Tutto falso. Tutto artefatto. Tutto finto. Le immagini del satellite? Taroccate. Le centinaia di foto? Ritoccate. I racconti degli inviati? Romanzi di pennivendoli al servizio del sistema. Viviamo nell'era del Photoshop permanente che come un paio di occhiali ci fornisce una realtà diversa, più accomodante. Solo che non è una realtà aumentata, ma diminuita. Perché privata del vero e delle sue sfumature. Le vecchie fette di prosciutto davanti agli occhi - nell'era vegan - sono diventate dei filtri Instagram che rimuovono chirurgicamente quello che non si vuole vedere. Così ora si negano i massacri e tra poco si negherà anche l'esistenza della guerra, come se fosse un grande Risiko in scala 1:1. Dai, se l'allunaggio è stato girato cinquant'anni fa in uno studio di Hollywood vuoi che non si possa mettere in scena un conflitto nel 2022? Con la «rimozione» del massacro di Bucha c'è stato l'aggiornamento del sistema operativo del negazionismo del Covid: siamo arrivati al livello «pro». Coltivare il dubbio è un esercizio di democrazia fondamentale, sempre.

Negare i fatti è un allenamento al totalitarismo e un favore di servitù agli autocrati.

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