Coronavirus

Lombardia, bar aperti ma aziende a rischio

Serrande alzate dopo le 18 con il servizio ai tavoli. Le imprese: «Emergenza»

Lombardia, bar aperti ma aziende a rischio

Una boccata d'ossigeno in un mare di preoccupazioni, a cui dà voce Assolombarda.

Arriva la riapertura dei bar dopo le 18 ed è un segnale distensivo, ma ancora prevale l'ansia per la condizione delle imprese, di tutte le dimensioni e in tutti i settori, dall'industria ai pubblici esercizi.

La decisione, che va in direzione di un lento ritorno alla normalità, arriva dalla Regione Lombardia, che ieri ha chiarito il senso dell'ordinanza tesa a limitare l'affollamento delle persone nei bar. Lo ha fatto pubblicando sul sito portale regionale una «Faq», cioè una nota di chiarimento con domanda e risposte. «I bar e/o pub che prevedono la somministrazione assistita di alimenti e bevande - si legge - possono rimanere aperti come i ristoranti, a condizione che sia rispettato il vincolo del numero massimo di coperti previsto dall'esercizio».

La Regione chiarisce che «nei ristoranti può entrare un numero contingentato di persone. Lo stesso, dunque, vale anche per i bar dove ci sono posti a sedere contingentati e che effettuano servizio al tavolo e non al bancone».

Insomma, i bar saranno trattati come i ristoranti e potranno accogliere clienti e avventori anche dopo le 18, purché serviti al tavolo dal personale.

La Regione precisa che l'ordinanza firmata domenica dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana e dal ministro della Salute, Roberto Speranza «non è stata né modificata né aggiornata e resta pienamente in vigore», quindi quella di ieri è solo un'interpretazione autentica. E la nota torna a spiegare la finalità originaria del provvedimento. «L'obiettivo nelle aree regionali classificate come gialle - si legge nel comunicato - è quello di limitare le situazioni di affollamento di più persone in un unico luogo».

La boccata d'ossigeno per i bar non basta certo a risolvere le preoccupazioni delle attività economiche di un'intera regione, la più produttiva d'Italia. Gli imprenditori sono in ambasce e di queste preoccupazioni si fa interprete in primo luogo il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi. «Siamo in emergenza economica. L'impatto del coronavirus sull'economia globale lo sconteremo duramente» ha previsto Bonomi, invitando ad evitare allarmismi per non peggiorare la situazione. «Fermare la Lombardia, che era già in forte rallentamento - ha detto - significa frenare oltre un quinto del Pil italiano e dare un duro colpo a tutta la filiera dell'industria, che rischia di impiegare mesi a recuperare lo svantaggio economico con il resto del mondo».

In questa regione, ha proseguito, «lavorano un quarto degli addetti del manifatturiero italiano, da cui deriva oltre il 27% dell'export nazionale. Bisogna contenere i toni di allarmismo: siamo al paradosso di dover garantire ai partner commerciali l'assoluta idoneità e sicurezza dei prodotti delle nostre imprese».

Ma non è solo Assolombarda: 81 sindaci dell'hinterland milanese hanno scritto una lettera aperta al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, chiedendogli di farsi «interprete con il governo della richiesta di un sostegno concreto alla vita economica e produttiva dei Comuni lombardi».

Commenti