Chiudere tutto, subito, per 15 giorni. L'epidemia infuria e dalla Regione più colpita, ma anche più attrezzata, arriva un nuovo appello al governo, che però - ancora una volta - sembra titubante o contrario.
La Lombardia chiede di fermare anche i negozi, anche i trasporti pubblici locali, anche le attività produttive «non essenziali». La Lombardia chiede di fermare più cose possibile, per congelare la vita sociale e rallentare così la circolazione del Coronavirus, che ha fatto la sua comparsa ormai 18 giorni fa e da allora dilaga in modo apparentemente inarrestabile, fino al punto di intasare i reparti di terapia intensiva - per quanto rafforzati e allargati - minacciando di far collassare le strutture sanitarie, ormai allo stremo.
Siamo al punto che la Regione sta lavorando all'ipotesi di creare un reparto di terapia intensiva all'interno di uno dei padiglioni della fiera di Rho. «È il tempo della fermezza - ha detto ieri il governatore Attilio Fontana - Ho incontrato i sindaci dei capoluoghi lombardi e il presidente di Anci Lombardia, chiedono tutti la stessa cosa: chiudere tutto adesso (tranne i servizi essenziali) per ripartire il prima possibile. Le mezze misure, l'abbiamo visto in queste settimane, non servono a contenere questa emergenza».
Contagi sempre più numerosi, misure sempre più drastiche, in questa estenuante escalation, la Regione ha sollecitato ogni giorno il governo, spronandolo a intervenire con fermezza e archiviando le incertezze e le «mezze misure» appunto. Lo ha fatto prima in via riservata e istituzionale, comprensibilmente, poi sempre più apertamente, fino al drammatico confronto di sabato notte su un decreto che al Pirellone era apparso subito blando e vago su troppi punti.
In Lombardia è diffusa la sensazione che il governo non abbia ancora messo a fuoco la gravità della situazione. «La sensazione - ha detto Fontana - è che ancora non sia ben chiara presso tutti, sia presso i colleghi delle Regioni sia presso qualche rappresentante del governo, la reale situazione che noi stiamo vivendo in regione Lombardia».
La Lombardia dunque insiste e chiede un nuovo giro di vite, e lo fa in modo politicamente trasversale. L'appello è sottoscritto dai sindaci dei dodici Comuni capoluogo, che hanno colore politico diverso, compreso anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, che sarebbe favorevole a fermare le metropolitane. D'accordo i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, che in Consiglio regionale sta all'opposizione. D'accordo sono anche i sindacati. «La situazione dei presidi sanitari è di fatto al collasso - avvertono Cgil, Cisl e Uil - e agli stessi operatori sono richieste prestazioni orarie e con carichi di lavoro già insostenibili». E d'accordo sarebbero anche alcune categorie imprenditoriali, non Confindustria, che ieri ha manifestato preoccupazione per questo scenario, dichiarando che «il giusto e necessario proposito di fronteggiare l'emergenza sanitaria non può e non deve aggravare l'emergenza economica». Si potrebbe far strada, anche nel mondo imprenditoriale, una soluzione di compromesso che garantisca almeno gli stabilimenti produttivi.
Ieri Regione e governo hanno discusso dello stop totale e una risposta è attesa a breve, anche se il leader della Lega, Matteo Salvini, ha anticipato che il governo ha detto «no» a una richiesta analoga riferita all'intero Paese. A suffragare la linea dura lombarda, arrivano intanto i dati dei contagi riscontrati negli ultimi giorni nel Lodigiano, il primo focolaio dove il dilagare del virus pare essersi fermato. «Da parte nostra credo che stiamo facendo un lavoro immenso - ha detto Fontana in un video in cui è apparso molto preoccupato, e per la prima volta anche provato - mi auguro che il governo segua le richieste che abbiamo presentato».
«Siamo convinti che, se ci sarà la collaborazione dei cittadini nello spazio di qualche settimana si possa tornare alla normalità - ha aggiunto - Senza questa collaborazione invece credo che questa situazione rischi di durare ancora molto tempo». «Stiamo riuscendo per il momento a tenere testa, però non possiamo farlo per molto tempo, abbiamo bisogno di una vera inversione di tendenza».
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