Certo, tutto sarebbe più fumoso e inafferrabile se al Cremlino non regnasse un uomo che per tutta la prima parte della sua esistenza ha fatto di mestiere la spia. Ma lì, a governare con sagacia e fermezza la Federazione Russa, c'è Vladimir Putin. E anche se ai suoi tempi nel Kgb la parola cybersecurity non era stata ancora inventata, non è difficile vedere l'ombra dello zar Vladimir dietro la offensiva permanente che dalla terra russa viene condotta sull'unico (fortunatamente!) campo di battaglia aperto oggi tra le superpotenze: la guerra elettronica, l'incursione informatica. Obiettivo 1: succhiare segreti. Obiettivo 2: seminare zizzania nel campo avverso, con la versione 2.0 di quella che già ai tempi di Breznev si chiamava disinformatia.
Adesso che anche ai potenti della politica tedesca, Angela Merkel in testa, è toccato vedere i propri affari privati sparati nell'iperspazio di Twitter, gli analisti si scervelleranno a capire il criterio e l'obiettivo di tanta brutalità informatica. La caccia ai colpevoli resterà come al solito senza risultati, l'account GOd è già stato bloccato, le tracce dei pirati non porteranno da nessuna parte. E dietro l'operazione continuerà a stagliarsi l'ombra inquietante di Fancy Bear, l'Orso Immaginario: che in realtà esiste davvero, ed è la struttura occulta che per conto dei servizi russi semina da anni il panico in Occidente.
Dall'Agenzia mondiale antidoping alla televisione francese, dalla artiglieria ucraina al Patriarca di Costantinopoli, sono innumerevoli gli obiettivi che gli hacker dell'Orso sono accusati di avere violato. Ma l'impresa più devastante rimane indubbiamente l'irruzione nei server di posta elettronica del Comitato nazionale democratico nel pieno della campagna per le elezioni americane del 2016, i cui effetti sullo scontro Clinton-Trump vengono ora rinfacciati al 45esimo presidente degli Stati Uniti, e potrebbero prima o poi costargli guai consistenti.
Distinguere tra leggenda e realtà, quando si parla di Fancy Bear, non è facile. C'è chi si è preso persino la briga di dare un numero (la 26165 e la 74455) alle unità che lo gestirebbero in seno al Gru, il servizio segreto russo, l'ex Kgb. Ma di quando in quando tracce concrete ne sono state rintracciate: come quando nel gennaio dello scorso anno i servizi segreti olandesi riuscirono a fare irruzione nei computer utilizzati da Fancy Bear, risalendo a ritroso fino (si disse) a vedere in faccia uno degli addetti alle incursioni. Un volto, e nulla più. La controffensiva olandese si fermò lì, ma almeno tolse di mezzo i pochi dubbi sulla paternità della struttura occulta. Ora tocca alla Germania, che peraltro era stata bucata già nel 2014, quando per sei mesi Fancy Bear mesi aveva scorrazzato indisturbato nei server del Parlamento di Berlino.
Fancy Bear ha altre incarnazioni: Cozy Bear, Apt28, eccetera.
Strutture collegate, o nomi diversi per la stessa struttura. Ad uno di essi venne attribuita anche l'irruzione nei computer del Ministero della Difesa italiano nell'ottobre 2014. Ma ora c'è chi dubita che quell'irruzione sia mai avvenuta.
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