Nel caos capitolino è difficile capire se sia Virginia Raggi a non riconoscersi più nel Movimento 5 Stelle, o il Movimento a non riconoscersi più in lei. Di certo i rapporti tra Beppe Grillo e la sindaca di Roma hanno ormai raggiunto il minimo storico, la giunta è appesa a un filo, la tensione è al livello di guardia e i grillini attendono con il fiato sospeso esiti e conseguenze di un terremoto che rischia di travolgere la speranza del grande salto alla guida del Paese nelle prossime elezioni politiche, di cui il governo della Capitale avrebbe dovuto rappresentare la vetrina e la prova generale.
Di fronte ai guai giudiziari in sequenza che hanno travolto la Giunta Raggi, tutti attendono una indicazione chiara e inequivoca da parte del leader, tornato di buon mattino a Genova. I giovani aspiranti-capi Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista scelgono la via del silenzio a oltranza. In Campidoglio gli umori sono contrastanti e già ci si esercita nella conta dei consiglieri.
Quelli schierati a favore del rompete le righe sono i cosiddetti «lombardiani», dieci-dodici consiglieri considerati vicini a Roberta Lombardi, convinti che non si possa cedere a compromessi. Quindi dimissioni, o autosospensione del sindaco o ritiro del simbolo M5S che farebbe da preludio alla sfiducia in aula Giulio Cesare. Oppure - e questa sembra essere la via che verrà scelta - l'azzeramento del cosiddetto «raggio magico», con il siluramento del capo segreteria Salvatore Romeo, il trasferimento ad altro incarico di Renato Marra (fratello di Raffaele) promosso alla direzione del Turismo, e il ridimensionamento del vicesindaco Daniele Frongia che conserverebbe il solo incarico di assessore allo Sport. Un modo per salvare il salvabile, una mediazione per dare l'idea di un nuovo inizio e puntare sull'azione lenitiva del tempo.
Quale che sia la soluzione adottata nell'immediato è evidente che Virginia Raggi va inevitabilmente incontro a un ridimensionamento o a un commissariamento, tanto più se dovesse arrivare un avviso di garanzia per le procedure utilizzate per le nomine. L'altro elemento è che Grillo ha fretta, vuole uscire dall'assedio ed evitare che il caso Raggi diventi del tutto simile al caso Marino, il suo predecessore rimasto per mesi in bilico sull'orlo del baratro. Insomma bisogna fare presto ed evitare una lunga agonia che impedisca al Movimento di sfruttare l'onda lunga post-referendaria. Quindi avanti con una sorta di «Raggi-bis» di cui bisognerà valutare nel tempo l'opportunità.
Di certo il Movimento 5 Stelle non ha problemi di numeri in aula con i suoi 29 consiglieri, ma sia il Pd che Fratelli d'Italia più i due consiglieri della Lista Marchini sarebbero ben contenti di una zoppicante sopravvivenza della Raggi, potendo così contare su un sindaco depotenziato e indebolito dalla difesa a oltranza di Marra fino al suo arresto, esposto alla polemica e agli spifferi giudiziari, oltre che ai regolamenti di conti interni al Movimento. Una consiliatura debole che consentirebbe alle forze politiche di impallinare il falso mito della diversità grillina e impugnare l'argomento del «poltronismo», in una nemesi storica fin troppo prevedibile. Reggerà? Difficile dirlo perché nessuno in Campidoglio si sente di escludere un ritorno alle urne.
La data più probabile? Maggio 2017, a dar retta agli spifferi. Tanto più dopo un accordo come quello raggiunto ieri il cui significato o il suo sottofondo sonoro risuonerebbe e si riassumerebbe più che nel classico «onestà, onestà», in un inedito «mediazione, mediazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.