
Un sicario. Un killer spietato al soldo della mala romena che gestisce il racket della prostituzione. È la pista seguita dagli inquirenti sul caso delle due escort ammazzate, fatte a pezzi e date alle fiamme. Vasile Frumuzache, 32 anni, assassino di Denisa Maria Adas, 27 anni, e di Ana Maria Andrei, 30 anni, nega di aver ucciso altre donne e giura di aver fatto tutto da solo. Il movente? Una avrebbe rifiutato prestazioni in cambio di denaro, l'altra lo avrebbe ricattato. «Voleva 10mila euro per non dire a mia moglie che andavo con le squillo», dice al gip.
Dichiarazioni che non convincono alla luce di nuove, inquietanti, scoperte nel giardino del suo casolare, nella frazione di Bizzarrino, a Monsummano. Una vertebra, compatibile però con Denisa, una ciocca di capelli e una mutandina racconterebbero altre storie, altri delitti. Tanto che il pm che coordina le indagini, Luca Tescaroli, avrebbe già spedito i reperti al Ris per la comparazione del Dna.
Si indaga sulle donne scomparse tra Prato e Pistoia, ma anche nel trapanese dove il 32enne ha vissuto fino al 2022. Fra i punti oscuri le quattro lame rinvenute fra i resti carbonizzati di Denisa. Troppe per un solo omicidio. Come i quattro cellulari e la scheda sim della prima vittima. Vasile la usa per una chiamata al proprio telefono lo stesso giorno del secondo omicidio, nove mesi dopo il delitto. Strana coincidenza: vuole far credere che Ana Maria è ancora viva? Altra stranezza. Denisa, arrivata da tre giorni a Prato per incontrare uomini contattati su un sito specializzato, perché avrebbe dovuto ricattare un cliente appena conosciuto? Forse Denisa sapeva dell'omicidio di Ana Maria, di altri delitti compiuti su commissione, del ruolo dell'uomo come braccio armato per i criminali che gestiscono le «invisibili» della prostituzione. Denisa sarebbe diventata una scheggia impazzita per l'organizzazione tanto da volerla morta. Un ordine preciso quello di strangolare, decapitare e far sparire ogni traccia della poveretta?
Un professionista del crimine, Frumuzache, dalla doppia vita. Quando lavora, per un istituto di vigilanza privato, è ligio al dovere. Mai un ritardo, sempre pronto a eseguire gli ordini di servizio. Quando la famiglia si assenta, però, chiede le ferie e si trasforma in un feroce assassino. Ustionato con l'olio bollente gettatogli in faccia nei giorni scorsi da un altro carcerato, cugino della prima vittima, il 32enne non dice altro. Eppure poche ore prima della scomparsa e dell'omicidio di Denisa, il 15 maggio, i suoi movimenti s'intrecciano con quelli di un avvocato calabrese, a sua volta indagato, che avrebbe spaventato la madre di Denisa, a Roma, parlando di un fantomatico sequestro della figlia da parte di una banda di romeni. Non a caso la donna, Maria Cristina Paun, racconterà che la figlia era in mano a un gruppo di connazionali.
Le amiche di Denisa le avevano riferito che c'era qualcuno che la perseguitava. «Mia figlia mi diceva tutto, perché non mi ha detto che un uomo la seguiva?». Ma anche sulla donna, che vive a Torpignattara, la Procura ha molti dubbi tanto da indagarla per falsa testimonianza.